Tutto ciò che a livello politico accade al di là dell’Atlantico ha effetti e conseguenze in tutto il mondo. Ancora di più oggi in un contesto geopolitico dove le linee di demarcazione tra Nato, Russia e Cina si stanno surriscaldando. Le elezioni di midterm del prossimo 8 novembre negli Stati Uniti saranno infatti le prime dall’invasione russa dell’Ucraina. Ma non solo, saranno le prime da quando l’inflazione ha iniziato la sua corsa e dopo l’assalto al Campidoglio perpetrato dai supporter di Donald Trump il 6 gennaio 2021. Quali potrebbero essere gli scenari che emergeranno dalle votazioni? A seconda che i democratici riescano a conservare la maggioranza sia alla Camera che al Senato (molto difficile) o nel solo Senato, cambieranno le prospettive dell’amministrazione in carica e ne risentiranno gli umori dei mercati.
Repubblicani avanti di quattro punti
I democratici di Joe Biden appaiono in difficoltà, staccati di quattro punti percentuali secondo l’ultimo sondaggio diffuso dal New York Times. Inflazione alta e recessione in vista (tecnicamente gli Usa sarebbero già in fase recessiva) non sono i compagni migliori con cui presentarsi alle elezioni. È pertanto molto probabile che i democratici perdano la maggioranza alla Camera in favore dei repubblicani e vedano restringersi quella al Senato. Questo perché, mentre nel primo ramo del Parlamento statunitense verranno rinnovati tutti i 435 seggi, al Senato l’elezione riguarda solo 35 seggi. Per Michael Pinkerton, Washington associate analyst di T.Rowe Price, “una maggioranza repubblicana alla Camera porterebbe probabilmente a uno stallo del Congresso. In questo scenario entrambi i partiti farebbero fatica ad approvare leggi che non rientrino nel normale corso degli affari e potrebbero verificarsi schermaglie per l’aumento del tetto del debito o per il finanziamento del governo. Questo potrebbe turbare i mercati”.
Cosa potrebbe cambiare dopo le elezioni di midterm
Non sarebbe la prima volta che un presidente degli Stati Uniti si trova senza una maggioranza in un ramo del Parlamento e non è detto che la necessità di trovare accordi tra i due partiti debba essere per forza una cosa negativa. Per esempio potrebbero essere abbandonate le iniziative legislative più estreme e divisive. Tuttavia, sul piano economico una maggioranza dei repubblicani alla Camera avrebbe una chiara conseguenza, una restrizione della spesa pubblica, con l’eccezione della difesa. Con le prospettive di recessione che rimangono presenti (nonostante l’economia Usa abbia finora dimostrato un’eccellente tenuta) e la Fed impegnata in un’accanita lotta contro l’inflazione, il venire meno dello stimolo fiscale potrebbe rendere tutto più difficile.
È inoltre possibile che il presidente finisca sotto attacco. I repubblicani avrebbero la forza per mettere sotto indagine Biden e costringerlo ad audizioni con lo scopo di indebolirlo. Peraltro non bisogna dimenticare che il figlio di Biden, Hunter, potrebbe essere incriminato per questioni fiscali. È un’ombra che aleggia sul presidente Usa fin dalla campagna elettorale condotta contro Donald Trump. Infine, come spiega Pinkerton, il fossato con la Cina potrebbe aumentare. Recentemente Biden ha introdotto nuove restrizioni all’export di chip verso la Cina e ha dichiarato di essere pronto a un intervento militare in difesa di Taiwan se dovesse essere attaccata. Le pressioni contro la Repubblica popolare sarebbero destinate ad aumentare con una vittoria dei repubblicani.
Uno sguardo ai mercati
Considerato tutto quanto detto, come potrebbero reagire i mercati? Matt Miller, economista politico di Capital Group ritiene che le elezioni di midterm del prossimo 8 novembre saranno tra le più importanti della storia degli Stati Uniti e ritiene che la vittoria dei repubblicani alla Camera (il Senato potrebbe rimanere ai democratici) “porrebbe fine a qualsiasi possibilità di legislazione democratica ambiziosa nei prossimi due anni”. Tuttavia, secondo Miller, i mercati sono abituati ad avere un presidente senza maggioranza, tanto che nelle ultime 22 elezioni di metà mandato il partito che guida l’amministrazione ha sempre perso seggi tranne che in due occasioni. Quindi per Miller l’eventualità è stata già scontata. Una conferma alla teoria dell’economista di Capital Group arriva dall’analisi dell’andamento dei rendimenti dell’indice S&P500 negli anni in cui si sono tenute elezioni di metà mandato. Risultano essere sensibilmente inferiori per poi mettere a segno un recupero nei mesi successivi. Il 2022 ha ricalcato questo scenario anche se più che la politica ha influito la geopolitica.
Dopo le elezioni di metà mandato, invece, si potrebbe assistere a una ripartenza. Così fanno pensare i dati raccolti dal Capital Group a partire dalle elezioni di midterm del 1950-51. In media, secondo l’analisi, dopo l’appuntamento elettorale il rialzo messo a segno dall’S&P500 è stato del 15,1% contro il 7,1% di tutti gli altri anni. Anche con un Congresso diviso la prospettiva non cambia con un rendimento medio annuo del 10,8% nell’arco temporale che va dal 1933 al 2021. “Attribuire troppa importanza ai risultati elettorali potrebbe creare problemi agli investitori. Questo perché, storicamente, le elezioni hanno avuto un impatto limitato sui rendimenti degli investimenti a lungo termine” è la conclusione di Miller.