Il collasso del carry trade in yen di inizio agosto ha avuto l’effetto di una scossa sismica sui mercati finanziari. Molti hanno paragonato quanto accaduto al crash del 1987, quando in una sola seduta Wall Street affondò del 22%. L’inversione di rotta nella politica monetaria della Bank of Japan nella riunione di fine luglio e i dati sull’occupazione USA sono state la causa del trambusto verificatosi sui mercati. La situazione ora sembra essere tornata alla normalità, anche se gli investitori rimangono guardinghi perché settembre non è mai stato un mese molto positivo per gli investimenti.
Alcuni analisti pensano che le liquidazioni delle posizioni da carry trade siano praticamente terminate e quindi non si dovrebbe assistere a un altro terremoto. Arif Husain, responsabile del reddito fisso di T. Rowe Price, non è di questo avviso. L’operatore di mercato che a giugno del 2023 aveva per primo lanciato l’allarme sull’aumento dei tassi di interesse in Giappone, ha rinnovato l’allerta: è in arrivo un altro shock dello yen. “Il mercato ignora l’inizio di una tendenza più ampia e profonda. La stretta monetaria della BoJ e il suo impatto sul flusso di capitali globali sono tutt’altro che banali e avranno una grande influenza nei prossimi anni”, ha dichiarato. L’ulteriore inasprimento della BoJ, in aggiunta ai tagli dei tassi previsti dalla Fed, “potrebbero scuotere nuovamente i mercati”, ha sottolineato.
La Banca del Giappone quindi non esiterà ad aumentare i tassi di interesse, come sostiene anche Tadashi Kakuchi, gestore di portafoglio di PIMCO Japan Ltd. Questo nonostante le incertezze geopolitiche e l’instabilità dei mercati finanziari del mese scorso, osserva l’esperto. “L’approccio della BoJ non è cambiato e il prossimo rialzo dei tassi arriverà già a gennaio“, ha detto.
Ecco dove investire con il rafforzamento dello yen
In uno scenario di restrizione monetaria e di rafforzamento dello yen, le contromisure potrebbero essere quelle di puntare su asset più sicuri dai rendimenti interessanti. Husain suggerisce di sovrappesare i titoli di Stato giapponesi, poiché “è probabile un ritorno dei capitali verso il Sol Levante con l’aumento dei rendimenti”. Al contrario, l’esperto preferisce una posizione di vendita sui Treasury USA, in quanto il trasferimento di denaro dagli Stati Uniti al Giappone da parte degli investitori istituzionali potrebbe mettere sotto pressione le obbligazioni americane. “A un certo punto, l’aumento dei rendimenti giapponesi potrebbe attirare gli enormi investitori del Paese nel settore delle assicurazioni sulla vita e delle pensioni verso i JGB (Japanese government bond) da altri titoli di Stato di alta qualità”, ha scritto Husain. “In effetti, questo riorganizzerebbe la domanda nel mercato globale”.
Sarà però importante la scadenza. I rendimenti delle obbligazioni a lungo termine hanno superato il 3% per la prima volta dal 2013, quando la BoJ iniziò il quantitative easing. Secondo Kakuchi, “la curva dei rendimenti è ancora ripida e non ci sono esigenze di duration per acquistare titoli di Stato a più lunga scadenza”. Il mercato obbligazionario potrebbe perdere il suo equilibrio, dal momento che la debolezza degli investimenti si combina con la riduzione degli acquisti di JGB da parte della BoJ. Al riguardo, il Ministero delle finanze sta prendendo in considerazione anche la possibilità di ridurre la scadenza delle emissioni di titoli di Stato, ma Kakuchi prevede un miglioramento nell’arco di sei mesi, con l’aumento della domanda che porterà più stabilità al mercato.