La settimana è iniziata nel segno delle montagne russe per lo yen giapponese, che nell’arco di poche ore dapprima ha superato quota 160 per dollaro USA e poi si è ritirato bruscamente fino a sotto 155. Anche contro l’euro la valuta giapponese ha fatto un movimento simile. Inizialmente è sfrecciata fino a 171,59 per euro, il livello più alto da quando è stata creata la moneta unica, prima di retrocedere sotto 167. Il mercato delle opzioni ha esacerbato le vendite dello yen, una volta che sono state violate alcune importanti barriere.
Yen: il governo è intervenuto?
L’elevata volatilità nei mercati valutari riguardo lo yen in parte è spiegata con la festività in Giappone per lo Showa Day che ha determinato bassa liquidità. Tuttavia, è molto forte il sospetto che le autorità giapponesi siano intervenute con massicci acquisti di yen quando hanno visto che la moneta nazionale era arrivata a oltre 160 sul biglietto verde. Alla richiesta specifica dei giornalisti sulla probabile mossa del governo, il più alto funzionario delle valute giapponese Masato Kanda ha risposto di non voler fare alcun commento per ora. Questo alimenta il dubbio che il Giappone sia sceso in campo, dopo una serie di minacce verbali. Tony Sycamore, analista di mercato di IG Australia e Sydney ha dichiarato che “la mossa ha tutte le caratteristiche di un vero intervento della BoJ e quale momento migliore per farlo”, con il giorno festivo in Giappone in cui la liquidità è scarsa. Mentre, secondo Rodrigo Catril, strategist della National Australia Bank, “il mercato è molto nervoso e con poca liquidità”, quindi “il rischio di intervento è un fattore aggiunto”.
Il problema delle Banche centrali
Una delle riluttanze del Giappone a intervenire finora è derivata dal fatto che una presa di posizione diretta potrebbe non sortire l’effetto sperato nel lungo termine a causa della posizione divergente delle Banche centrali giapponese e americana. La Bank of Japan ha confermato la scorsa settimana di voler proseguire sulla strada dell’accomodamento monetario per ora, mentre nella prossima riunione la Federal Reserve potrebbe segnalare la necessità di mantenere i tassi di interesse alti ancora a lungo di fronte a un’inflazione arcigna. Addirittura qualcuno configura uno scenario in cui prima della fine del 2024 il costo del denaro potrebbe essere aumentato di un quarto di punto.
Proprio la differenza di politica monetaria delle autorità centrali ha reso sostanzialmente inefficace alla lunga il doppio intervento diretto del Giappone sui mercati valutari nel settembre-ottobre 2022 per cercare di rianimare lo yen. Allora le autorità spesero oltre 9.000 miliardi di yen, pari a circa 60 miliardi di dollari. Ora, però, l’entità potrebbe essere superiore e creare qualche difficoltà finanziaria. “La risposta all’intervento da parte degli operatori di mercato potrebbe essere meno intensa rispetto al 2022 perché il ritmo di deprezzamento dello yen è più basso”, ha scritto Vincent Chung, gestore di portafoglio associato di T. Rowe Price. A giudizio di Homin Lee, senior macro strategist di Lombard Odier a Singapore, “le pressioni rimarranno sulla valuta fino a quando non avremo dati più negativi sulla crescita e sull’inflazione negli Stati Uniti e una svolta più chiara da falco alla BoJ”.
Alla fine, quindi, potrebbe non esserci alcun intervento nonostante le minacce delle autorità? Se così fosse, il cambio USD/JPY “si muoverebbe decisamente al di sopra di 160 e sarebbe pericoloso prendere un coltello che cade, in particolare con la Fed che probabilmente segnalerà un’attesa più lunga per i tagli”, ha detto Fiona Lim, senior strategist di Malayan Banking Bhd.