A Wall Street è tornata la paura. Nella seduta di giovedì i principali indici della Borsa americana hanno perso terreno, con l’S&P 500 che è arretrato dello 0,79% a 4.411,59 punti e il Nasdaq composite che è scivolato di 82 punti base a 13.679,04. Gli investitori sembrano più restii a comprare dopo che i verbali della Federal Reserve di mercoledì 5 luglio hanno messo in luce come i funzionari della Banca centrale americana siano propensi a stringere ancora sui tassi fino a quando l’inflazione non costituirà più una minaccia per l’economia a stelle e strisce.
L’aspetto più inquietante però è che azioni e obbligazioni sono tornate a scendere in tandem evocando i giorni più bui del 2022, quando sui mercati prevaleva un sell-off disastroso su tutti gli asset. Contestualmente i rendimenti dei Treasury Bond sono balzati su tutta la curva. Il ritorno dei titoli di Stato a due anni è salito fino a oltre il 5%, massimo dal 2007 mentre i T-Note a 10 anni rendono sopra il 4%, sui top dello scorso anno. Numeri che stridono con i dati economici che suggeriscono che la recessione sia ancora lontana. Tuttavia, la curva dei tassi invertita non lascia speranze al riguardo, soprattutto se si guarda a quanto successo in passato. Gli economisti prevedono che sarà solo una questione di tempo prima che si manifesti una contrazione economica. Tempo che potrebbe essere anche fino a 2 anni dall’ultima stretta sui Fed fund rates.
La tensione si percepisce anche dall’indice della paura – il Cboe Volatility Index o VIX – che è salito a livelli che non si vedevano da marzo, quando gli USA sono rimasti coinvolti in una serie di fallimenti bancari.
Wall Street: riflettori accesi sui dati occupazionali
Wall Street sta reagendo in maniera diversa ai dati macroeconomici rispetto a qualche settimana fa e questo è un motivo di grande preoccupazione per i mercati. La scorsa settimana il rally ha trovato impulso dalle forti letture relative alla fiducia dei consumatori, alle vendite di nuove case, ai sussidi di disoccupazione e al PIL americano. Oggi ci sarà un banco di prova estremamente importante: il rapporto sull’occupazione statunitense. Il consensus si aspetta l’aggiunta di 225 mila nuovi posti di lavoro nei settori non agricoli per il mese di giugno, rispetto ai 335 mila in più di maggio, mentre il tasso di disoccupazione è visto scendere dal 3,7% al 3,6%. Qualsiasi dato peggiore potrebbe agitare i mercati perché sarebbe un segnale concreto di una recessione in arrivo, ma anche numeri migliori del previsto sul fronte occupazionale potrebbero innescare un sell-off sull’aspettativa che la Fed riprenda la stretta sui tassi e la prolunghi.
Ieri il presidente della Fed di Dallas, Lorie Logan, ha dichiarato che saranno probabilmente necessari ulteriori aumenti dei tassi di interesse per stimolare una significativa disinflazione e questo non lascia tranquilli i mercati finanziari. “Più la Fed alza i tassi, più profonda potrebbe essere la recessione, che alla fine porterà a tassi più bassi” ha dichiarato Subadra Rajappa, responsabile delle strategie sui tassi di interesse statunitensi presso Société Générale SA. L’esperta consiglia ai clienti di puntare su una curva più ripida, in cui i tassi a breve termine potrebbero scendere rispetto ai rendimenti a lungo termine. Tuttavia l’analista ha riconosciuto che, a causa dell’alta volatilità dei mercati, operare in questo momento è una cosa tutt’altro che facile in entrambe le direzioni: “È un ambiente frustrante per gli investitori”.