Le valute dei mercati emergenti sono al centro dell’attenzione in questo periodo da parte degli investitori, in un contesto internazionale dove prevale l’incertezza. A mettersi particolarmente in evidenza è il peso messicano, che ha raggiunto il livello più alto rispetto al dollaro USA degli ultimi sette anni. Ciò è scaturito da due anni di aumenti costanti dei tassi d’interesse da parte della Banca centrale messicana per cercare di domare un’inflazione galoppante nel Paese. Il carovita ha raggiunto il picco dell’8,70% ad agosto e settembre, livello massimo di oltre due decenni. I prezzi al consumo hanno rallentato al 6,25% ad aprile, toccando la quota più bassa da ottobre 2021. Tuttavia, questo è considerevolmente superiore all’obiettivo della Banca centrale del 3%, più o meno un punto percentuale.
La scorsa settimana l’autorità monetaria ha mantenuto il tasso di riferimento all’11,25%, interrompendo un ciclo di strette che da giugno 2021 avevano incrementato il costo del denaro fino a 725 punti base. Secondo alcuni analisti, la forza del peso è una conseguenza della debolezza del dollaro USA, ma il presidente del Messico Andres Manuel Lopez Obrador ritiene che lo stato di forma della moneta domestica derivi da sane politiche macroeconomiche, in particolare l’austerità di bilancio della sua amministrazione e l’impegno a evitare di assumere nuovo debito.
Al contrario, la lira turca continua a perdere terreno, aggiornando i minimi storici sul biglietto verde. A pesare sulla valuta di Ankara, la possibilità che Recep Tayyip Erdogan si confermi nuovamente presidente della Turchia al ballottaggio. Le elezioni turche non hanno decretato un vincitore con oltre il 50% delle preferenze popolari; pertanto, si dovrà arrivare al secondo turno. Il timore è che una rielezione dell’attuale leader porterebbe a una continuazione della sua politica largamente espansiva, che per tanti anni ha creato inflazione inarrestabile e svalutazione della moneta.
Valute mercati emergenti: ecco perché investire
Nel complesso però le valute emergenti sovraperformeranno quelle dei mercati sviluppati del G-10, secondo Brendan McKenna, stratega valutario di Wells Fargo. Il motivo sta nelle valutazioni interessanti che attirano gli investitori, a giudizio dell’esperto. In particolare, “le valute dell’America Latina dovrebbero fare meglio, a causa degli elevati tassi di interesse reali e degli sviluppi locali come un ambiente politico più stabile”, ha affermato.
McKenna non è ottimista sulle valute asiatiche, in quanto coinvolte nella perdita di slancio del rimbalzo economico della Cina dopo la riapertura delle attività post-Covid. Sul fronte europeo, lo stratega sottolinea i rischi della lira turca, con le probabilità che Erdogan rimanga al potere che sono molto più alte dopo le elezioni che hanno visto i leader andare al ballottaggio. Giudizi negativi anche sul peso argentino, poiché la credibilità della Banca centrale è venuta meno dal punto di vista politico e le sue riserve si sono esaurite. McKenna prevede un nuovo minimo storico del peso sul dollaro USA dopo le elezioni del 22 ottobre.