Lo yen continua a indebolirsi nei confronti del dollaro USA. Il cambio USD/JPY che ha superato quota 155. La situazione si è inasprita per la valuta giapponese dopo il verdetto del 5 novembre che ha sancito la vittoria di Donald Trump nelle elezioni presidenziali americane. Gli investitori temono che le politiche inflazionistiche del leader repubblicano finiscano per tenere alti i tassi di interesse negli Stati Uniti. Ciò contribuisce a rafforzare il biglietto verde. Quando la Federal Reserve ha iniziato a tagliare il costo del denaro a settembre, dopo che a fine luglio la Bank of Japan aveva al contrario alzato i tassi, il mercato scontava un restringimento dello spread USA-Giappone che avrebbe agevolato lo yen. Questo scenario però è stato ben presto abbandonato con l’arrivo di dati macroeconomici positivi negli Stati Uniti, che hanno abbassato notevolmente le aspettative di una recessione economica e quindi la possibilità di politiche fortemente accomodanti della Fed. Nel contempo, la BoJ ha frenato sull’ipotesi di una serie di strette monetarie aggressive. Giocoforza, l’USD/JPY ha ripreso la sua marcia rialzista interrotta in estate.
USD/JPY: intervento del Giappone e Banche centrali decisive
La soglia 155 del “ninja” viene considerata chiave per eventuali interventi del governo giapponese sul mercato valutario, almeno in forma verbale, a sostegno dello yen. Secondo un sondaggio realizzato da Bloomberg il mese scorso su 53 economisti, la soglia che potrebbe innescare un intervento è a 150, con la mediana delle risposte a 160. Il Ministero delle finanze nipponico ha già speso una cifra record, oltre 15.000 miliardi di yen, per sostenere lo yen nel corso del 2024. Tra fine aprile e inizio maggio ha messo in campo 9.800 miliardi di yen e a fine luglio altri 5,5 miliardi, dopo che la divisa nazionale aveva toccato il minimo a 38 anni.
Il governo giapponese ancora non ha dato indicazioni su quando e a che prezzo potrebbe arrvare il prossimo intervento. Ciò rischia di essere un problema per lo yen a giudizio di Shoki Omori, chief Japan desk strategist presso Mizuho Securities Co. a Tokyo. “Se il Ministero delle finanze non interviene verbalmente, potremmo vedere un aumento rapido dell’USD/JPY”. Tuttavia, l’esperto ha sottolineato che molto dipende dai dati macroeconomici statunitensi che verranno pubblicati a breve, come l’indice dei prezzi al consumo, l’indice dei prezzi alla produzione e le vendite al dettaglio. L’esperto inoltre sottolinea che le politiche monetarie delle Banche centrali saranno cruciali, con il cambio che potrebbe arrivare a 158 entro la fine dell’anno se la BOJ non aumenterà i tassi e la Fed sarà meno accomodante”.
Charu Chanana, chief investment strategist di Saxo Markets a Singapore, ritiene che “la Fed potrebbe rimanere leggermente aggressiva sui tagli dei tassi per ora, anche se il dato sull’inflazione di oggi fosse leggermente superiore alle attese”. Tutto ciò “potrebbe limitare lo spazio per le pressioni a breve termine sullo yen, ma il rischio/rendimento rimane spostato al ribasso, dato il probabile aumento del tasso terminale sui tassi di interesse Fed e un ritmo più lento nella politica di normalizzazione della BoJ”.