I rendimenti dei titoli di Stato USA a 10 anni arriveranno al 5% nei prossimi sei mesi. La previsione è di Arif Husain, direttore degli investimenti del reddito fisso di T. Rowe Price. Attualmente i rendimenti sono poco oltre il 4% e per giungere al livello previsto del manager aziendale bisogna risalire a ottobre di un anno fa, quando i tassi di interesse negli Stati Uniti erano fermi nell’intervallo 5,25%-5,5%. Le ragioni che spingono Husain a fare questa previsione sono fondamentalmente due. In primo luogo, l’offerta in aumento dei buoni del Tesoro per finanziare il deficit pubblico sta “inondando il mercato” e questo crea uno squilibrio rispetto alla domanda. Tutto ciò genera una diminuzione dei prezzi e una salita dei rendimenti. In secondo luogo, la Federal Reserve sta riducendo il proprio bilancio dopo anni di acquisti di obbligazioni statali, eliminando in questo modo una componente chiave della domanda di debito pubblico. Husain inoltre ha affermato che la curva dei rendimenti diventerà più ripida.
Titoli di Stato USA: quanto verranno influenzati da elezioni e Fed
Le osservazioni di Husain sono supportate dal fatto che il deficit negli Stati Uniti è crescente, con il costo degli interessi sul debito che è giunto al livello più alto dagli anni ’90 nell’anno finanziario che si è concluso a settembre 2024. Il prossimo presidente degli Stati Uniti non invertirà la tendenza, anzi le darà ancora più forza, se metterà a punto il suo programma elettorale. Questo sia che alla Casa Bianca sieda Donald Trump, sia che venga eletta Kamala Harris. Secondo un rapporto di questo mese del Committee for a responsible federal budget (CRFB), tuttavia, se il leader repubblicano dovesse guidare gli Stati Uniti, il debito crescerà del doppio rispetto a quanto salirebbe con un’amministrazione Harris. Trump vuole tagliare le tasse sulle società senza fare lo stesso con la spesa pubblica, puntando invece sulle entrate derivanti dai dazi. Harris invece aumenterà la spesa sociale, contando sul recupero derivante dall’innalzamento delle imposte societarie.
Sul versante della politica monetaria della Fed, Husain mette in gioco diversi scenari. Il più probabile è che la Banca centrale attui una politica di piccoli tagli dei tassi. In questa circostanza, “la Cina inietterebbe maggiori stimoli per sostenere la propria economia, aiutando la crescita globale e creando prospettive più chiare per gli stessi funzionari della Fed”. Un altro scenario è quello in cui l’allentamento dell’istituto monetario è più “normale”, il che comporterebbe tagli che avvicinano al tasso neutrale del 3%. Il terzo scenario contempla la possibilità di una recessione negli Stati Uniti e questo “stimolerebbe” tagli aggressivi. “Gli investitori che condividono la mia opinione secondo cui è improbabile una recessione a breve termine dovrebbero prendere in considerazione la possibilità di posizionarsi sui rendimenti dei Treasury a lungo termine più elevati”, ha scritto Husain.