Il 2022 sarà un anno a due facce, sia per il settore del private equity sia per l’economia reale. La prima faccia, quella positiva, l’abbiamo vista nei primi sei mesi dell’anno. La seconda la vedremo nella restante parte, con probabili estensioni anche nel 2023. Innocenzo Cipolletta, presidente dell’Associazione italiana private equity (AIFI), è partito da questa osservazione nel presentare i dati del mercato del private equity e del venture capital relativi al primo semestre 2022.
“Per certi versi i primi sei mesi del 2022 sono stati memorabili – ha spiegato Cipolletta -. L’ammontare investito si è attestato a 10,9 miliardi di euro, in crescita del 139% rispetto ai 4,7 miliardi dello stesso periodo dello scorso anno. Difficile ripetere questo exploit nel secondo semestre. C’è da aspettarsi un rallentamento significativo”.
Nella seconda parte dell’anno, infatti, si faranno sentire sull’economia e sul private equity che a essa è strettamente legato, gli effetti dell’aumento dei prezzi dell’energia sui consumi e delle politiche monetarie della Banche centrali sugli investimenti. Per l’Italia poi ci sarà il periodo di incertezza legato alle elezioni e alla formazione di un nuovo governo, a cui il presidente di AIFI rivolge un appello invitando a pensare a interventi che attraverso fondi di fondi aiutino la finanza alternativa a crescere per poter essere un valido supporto all’economia reale.
Private equity: investimenti record…
La prima cifra contenuta nel rapporto elaborato da PwC per AIFI con i dati sul mercato del private equity italiano è un record: 10,9 miliardi di euro di investimenti, più del doppio di quanto fatto nei primi sei mesi del 2022, grazie anche ad alcune grandi operazioni realizzate nel comparto infrastrutture, come quella su Autostrade per l’Italia. Anche senza queste, tuttavia, la crescita si attesa a livelli elevati (+71%). Con una nota stonata però. Mentre crescono le operazioni early stage (+50% a 442 milioni di euro), buyout (+86% a 3,6 miliardi) e infrastrutture (+227% a 6,5 miliardi), scendono del 38% a 186 milioni di euro le operazioni di expansion, ossia gli investimenti di minoranza in aumenti di capitale finalizzati alla crescita aziendale. Per Cipolletta si tratta di un elemento su cui intervenire considerato che le operazioni di expansion riguardano spesso imprese di piccole o medie dimensioni, quindi il cuore dell’industria italiana. “Anche le operazioni di turnaround rimangono poche” ha aggiunto, prima di lanciare il suo appello al prossimo governo.
…ma la raccolta non brilla
Il secondo dato della presentazione preparata da AIFI-PwC è meno brillante e riguarda la raccolta complessiva (sul mercato e captive, ossia proveniente dalla casa madre), ridottasi del 40% a 1,7 miliardi di euro rispetto ai primi sei mesi del 2021. Probabilmente una riduzione legata alla situazione congiunturale venutasi a creare con l’esplosione dei prezzi dell’energia e la guerra in Ucraina.
Tra le fonti della raccolta quasi un quarto del totale (24%) arriva dalle assicurazioni, il 17% dai fondi pensione, il 12% dal settore pubblico e dalle istituzioni, il 10% dai fondi di fondi istituzionali e il 12% da investitori individuali. L’incremento della presenza nel private equity di investitori individuali è stato sottolineato in positivo dal direttore generale di AIFI, Anna Gervasoni, che tuttavia ritiene si possa fare di più. Si tratta comunque di una testimonianza importante dell’interesse crescente che il private equity riscontra anche tra gli investitori retail.
In termini settoriali è l’Information Communication Technology ad attirare la maggior quota di operazioni, 77 nel primo semestre e +22,8%. Si tratta tuttavia di tante operazioni di dimensioni contenute tanto è vero che il controvalore si ferma a 402 milioni di euro (+3,7%). Quaranta operazioni sono state effettuate nel settore dei beni e servizi industriali (+11,8%) per un ammontare di 467 milioni di euro (+4,3%), 37 nei servizi per il consumo con un incremento del 10,9% e un ammontare di 256 milioni di euro (+2,4%), trenta operazioni ciascuno hanno interessato infine il medicale e le attività finanziarie e assicurative, con un controvalore di 709 (+6,5%) e 491 (+4,5%) milioni di euro.
Private equity con poche exit e la Borsa non tira
Il tasto dolente del rapporto semestrale di AIFI sono i disinvestimenti, in crescita ma con numeri che rimangono bassi. Nel primo semestre 2022 sono stati 49, in aumento rispetto ai 43 del primo semestre del 2021, per un ammontare doppio (1,483 miliardi di euro contro 697 milioni). Si è trattato, come specificato da Gervasoni, prevalentemente di operazioni di M&A e cessioni all’interno del mercato del private equity o di buyback in alcuni casi, mentre il ruolo giocato dalla Borsa appare ancora minimo, come ha sottolineato Cipolletta quando ha osservato che nell’ultimo periodo si sono avuti più delysting che nuove quotazioni. “L’Ipo dovrebbe essere una naturale soluzione di exit per gli investimenti di private equity. Ma la Borsa sembra poco attraente tanto che abbiamo visto più delysting che quotazioni nell’ultimo periodo”.