L’ultimo bollettino statistico della Consob, pubblicato a gennaio, ha evidenziato un aumento del 6% della capitalizzazione totale delle società quotate in Borsa Italiana. La rilevazione è relativa alla seconda metà del 2023. Un miglioramento dovuto in gran parte all’andamento positivo del mercato. È cresciuto, nella seconda metà dell’anno passato, anche il rapporto tra la capitalizzazione di Borsa e il PIL, al 28,6% dal 27,4% registrato a giugno, mentre il numero di società quotate è salito da 419 a 428. Questi dati non devono distogliere l’attenzione dalla parabola discendente di Piazza Affari, evidenziata in una recente ricerca condotta da Intermonte in collaborazione con il Politecnico di Milano.
Basta prendere il bollettino statistico di cinque anni fa per averne contezza. Recita il bollettino del giugno 2019: “Nel 2018 la capitalizzazione delle società di diritto italiano con azioni ammesse alle negoziazioni su mercati regolamentati o su sistemi multilaterali di negoziazione italiani è diminuita del 17,6% per effetto della riduzione dei prezzi di mercato e il rapporto fra capitalizzazione e PIL è passato dal 34,4% a fine 2017 al 28,2% a fine 2018”.
“Il listino azionario italiano, nonostante l’incremento complessivo del numero di società quotate grazie prevalentemente al contributo di Euronext Growth Milan, evidenzia oggi un rapporto capitalizzazione su PIL inferiore rispetto a quello precedente la crisi finanziaria del 2008-2009” si legge nel documento elaborato da Intermonte e dalla School of management del Politecnico di Milano.
Negli ultimi 15 anni, il periodo preso in analisi dalla ricerca, sono andati in fumo diversi miliardi di capitalizzazione. Nel solo 2023 si sono registrati delisting per un valore di 2,8 miliardi di euro mentre il controvalore scambiato giornalmente a Piazza Affari è sceso da 6,2 miliardi nel 2007 a 2,27 lo scorso anno, in recupero dai 2,21 miliardi del 2022. Inoltre, sottolinea la ricerca, gran parte degli scambi sono sulle blue chip, le aziende a grande capitalizzazione del FTSE Mib.
I limiti di Piazza Affari
Il sistema di finanziamento italiano è notoriamente bancocentrico, con l’industria che vede la presenza di una maggioranza di imprese di piccole o medie dimensioni, spesso a conduzione familiare, per le quali la quotazione in Borsa non è spesso un’opzione considerata. Tra i limiti evidenti di Piazza Affari lo studio indica:
• La storica dipendenza dal sistema bancario;
• La difficoltà di attrarre investitori istituzionali;
• La mancanza di una base consistente di investitori residenti.
Si tratta di limiti che si legano l’uno con l’altro. Guglielmo Manetti, amministratore delegato di Intermonte, si concentra sul ruolo chiave degli investitori istituzionali “che apportano liquidità, sono investitori stabili e svolgono un ruolo di monitoraggio e di stewardship delle imprese partecipate, spronandole a migliorare i propri risultati finanziari e non. La loro presenza poi è particolarmente importante per le imprese a media e bassa capitalizzazione, che più di altre, nonostante performance storiche brillanti, rischiano di non ottenere una copertura adeguata dal mercato e sono trascurate dai grandi asset manager”.
In particolare, l’analisi della presenza dei fondi nel mercato azionario italiano negli ultimi 15 anni rivela diverse tendenze significative. Gli investimenti nelle blue chip sono cresciuti fino al 2018, ma successivamente hanno registrato una diminuzione. Negli indici mid cap e small cap, la presenza dei fondi è rimasta invece relativamente stabile.
Nei due anni più recenti (2022 e 2023), il listino azionario italiano ha evidenziato una debolezza nell’attrarre investitori, tranne per le mid cap. L’importanza di ETF e fondi passivi è cresciuta notevolmente, rappresentando il 26% del totale sul FTSE Mib, il 16% sulle mid cap e il 10% sulle small.
“Se osserviamo altri Paesi europei, il peso degli investitori domestici è a volte più incisivo – commenta Giancarlo Giudici, professore ordinario alla School of Management del Politecnico -. Per rilanciare in generale il ruolo di questa tipologia di investitori, sarebbe importante e necessario favorire la nascita di comparti specializzati sulle imprese più piccole, ma soprattutto stimolare quanto possibile gli investimenti del sistema produttivo attraverso riforme incisive sull’attrattività del fare business in Italia”.
I 4 passi per rilanciare il mercato azionario italiano
Rafforzare il mercato azionario italiano, mettendo fine alla sua lenta erosione, è una strategia fondamentale per aumentare la capacità dell’Italia di competere sui mercati internazionali. L’analisi effettuata da Intermonte e dalla School of management del Politecnico di Milano propone 4 strade per rilanciare Piazza Affari:
- Creare canali preferenziali per le Pmi già quotate che volessero raccogliere nuovo capitale di rischio sui mercati e progettare filiere del risparmio gestito specializzate sulle piccole e medie imprese italiane;
- Ampliare il numero e la tipologia di investitori attivi domestici sui segmenti delle mid e small cap utilizzando leve fiscali e legislative che stimolino anche il mondo dei fondi pensione o degli enti nazionari a investirvi, come già avviene in altri Paesi europei come la Francia;
- Approvare il pacchetto di misure “Listing package” della Commissione europea che prevede anche una serie di semplificazioni degli adempimenti per le società che si vogliono quotare o che sono già quotate;
- Attuare le indicazioni contenute nel Manifesto dei capitali pubblicato a novembre 2023 su iniziativa di Borsa Italiana.