Le quotazioni dell’oro si sono ritirate nelle ultime tre settimane scendendo di circa il 3%, dopo essere arrivare a pochi passi dai massimi storici a 2.090 dollari segnati nell’agosto 2020. I timori di una recessione incombente avevano alimentato le aspettative di un allentamento dei tassi di interesse da parte delle Banche centrali e favorito il rally dell’oro. Infatti, con rendimenti più bassi sul mercato il metallo prezioso diviene più interessante per gli investitori, trattandosi di un asset che non produce reddito. Allo scenario economico si è poi aggiunta la crisi bancaria scoppiata negli Stati Uniti nel mese di marzo, con il fallimento di quattro istituti di credito, che ha favorito la rivalutazione dell’oro nella sua funzione di bene rifugio.
Recentemente i trader hanno venduto oro un po’ per monetizzare la cavalcata iniziata a novembre 2022, un po’ perché sono emerse nuove ipotesi che la Federal Reserve possa tornare ad aumentare il costo del denaro nella riunione di giugno. L’accordo sul tetto del debito USA passato alla Camera nella giornata di ieri, ha spinto ancora più in basso i prezzi dell’oro in quanto ha allontanato ormai quasi definitivamente l’eventualità di un default degli Stati Uniti e quindi di forti turbolenze nei mercati finanziari.
Oro: PIMCO vede una crescita solo nel lungo termine
I ritracciamenti dell’oro, anche violenti, in prossimità di resistenze importanti è quasi un abitudine. Di solito sono seguiti da ripartenze altrettanto potenti. Gli investitori potrebbero cercare dei punti di ingresso ottimali per sfruttare il ritracciamento a cui stiamo assitendo. Greg Sharenow, amministratore delegato i PIMCO, non è di questo avviso poiché ritiene che l’oro sia ancora troppo costoso. Anche se nel lungo termine il metallo giallo è ben supportato, nel breve “è modestamente sopravvalutato rispetto ai titoli di Stato indicizzati all’inflazione e questi sono probabilmente il valore migliore nei portafogli multi-asset per ora”, ha affermato l’amministratore delegato in un’intervista.
A suo avviso, il livello ancora alto dell’inflazione distoglierà la Fed dalla tentazione di tagliare i tassi d’interesse in maniera significativa e quindi “è probabile che i rendimenti obbligazionari reali rimangano alti più a lungo, facendo pressione sull’oro infruttifero”. In effetti, rispetto ai minimi di settembre 2022, il prezzo del metallo è ancora superiore del 20% e potrebbe quindi esserci spazio per ulteriori perdite nell’ambito dell’incertezza su un’eventuale recessione e su quando le Banche centrali allenteranno la loro politica monetaria.
Sharenow al riguardo ritiene che “la sfida più grande in questo momento è capire gli effetti ritardati della stretta creditizia che proviene dalle Banche centrali” con “la banda di incertezza che rimane ancora abbastanza ampia”. Il top manager di PIMCO reputa più che probabili lievi recessioni nei mercati sviluppati, ma “mentre la Fed potrebbe avvicinarsi alla fine del suo ciclo di restringimento, ciò non preclude un altro rialzo”.
Se si allarga l’orizzonte a un periodo di tempo più lungo, il discorso cambia. Per Sharenow, le Banche centrali stanno mettendo in discussione le loro riserve in dollari, quindi cercano di diversificare le partecipazioni lontano dagli asset denominati nella valuta statunitense. Questo potrebbe contribuire ad accrescere le riserve di oro, sostenendone le quotazioni.