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Obbligazioni: cosa fare se i tassi di interesse rimangono elevati – BorsaNews24

2025/02/18 2

Il mercato sconta il primo taglio dei tassi di interesse a marzo, almeno per quanto riguarda la Federal Reserve. Tuttavia, come già accaduto nel corso dell’anno passato, queste aspettative potrebbero essere deluse. L’economia USA, ma anche quella dell’eurozona, non ha ancora mostrato grandi difficoltà a fronte del percorso di rialzo dei tassi fatto da BCE e Fed. Chi investe in obbligazioni, pertanto, potrebbe trovarsi esposto a una volatilità inattesa se le condizioni in campo dovessero variare. Per esempio se verrà confermato quando dichiarato dal governatore della Fed di Atlanta, Raphael Bostic, ieri: “Sono appropriati due tagli dei tassi di interesse di 25 punti base l’uno entro fine anno”. Troppo poco per un mercato che attualmente vorrebbe molto di più. Volker Schmidt, senior portfolio manager di Ethenea Independent Investors, preferisce la strada della prudenza e illustra la strategia che sta seguendo in questa intervista rilasciata a Borsa&Finanza.

 

I tassi di interesse negli Stati Uniti e in Europa sono ai livelli più alti degli ultimi decenni. L’aumento dei tassi non è una buona notizia per i gestori in obbligazioni. Come avete affrontato l’aumento dei tassi di interesse nella vostra strategia?

“L’aumento dei tassi di interesse è sia una benedizione che una maledizione. Da un lato riducono il valore degli investimenti esistenti, dall’altro aumentano le possibilità di performance positiva in futuro. Il portafoglio del nostro fondo obbligazionario Ethna-DEFENSIV ha sofferto meno dei suoi omologhi durante il periodo di rialzo dei rendimenti. Come misura precauzionale abbiamo ridotto la duration e spostato il portafoglio verso le obbligazioni denominate in euro. Allo stesso tempo abbiamo acquistato obbligazioni di nuova emissione con cedole significativamente più alte, portando il rendimento attuale al 4,8%, per offrire un’alternativa interessante ai depositi a termine”.

 

I dati sui flussi di denaro mostrano che molti investitori scommettono su un rapido calo dei tassi di interesse e acquistano titoli di Stato a lunga scadenza. Prevedete anche voi che i tassi d’interesse scenderanno l’anno prossimo?

“Siamo molto più cauti e consapevoli di diversi rischi, in particolare degli alti livelli di debito pubblico su entrambe le sponde dell’Atlantico. Anche se ci aspettiamo che le Banche centrali riducano i tassi d’interesse di riferimento non condividiamo il grande ottimismo dei mercati sul fatto che i primi tagli saranno effettuati a breve. La crescita dei salari rimane elevata e minaccia l’obiettivo delle Banche centrali di un’inflazione sostenuta intorno e al di sotto del 2%”.

 

Come avete posizionato il vostro portafoglio in obbligazioni? Avete aumentato la duration?

“La nostra posizione prudente è alla base delle nostre decisioni di investimento. Inizialmente abbiamo aumentato la duration e poi abbiamo individuato un’opportunità tattica nella massiccia riduzione dei rendimenti delle obbligazioni a lunga scadenza, che abbiamo ritenuto eccessiva. Abbiamo quindi venduto titoli di Stato statunitensi e tedeschi sul mercato dei derivati. Tuttavia la maggior parte del nostro portafoglio è costituita da obbligazioni societarie di alta qualità denominate in euro con scadenze relativamente brevi, in quanto vediamo ancora rendimenti interessanti in questo segmento. Siamo riluttanti ad assumere il rischio di duration a causa della volatilità molto elevata e anomala nella parte lunga della curva.

 

Da mesi si profila una recessione. Pensate che ci sarà una recessione e di conseguenza avete migliorato la qualità del portafoglio obbligazionario? Oppure vedete opportunità nell’high yield?

“Il nostro scenario di base non prevede una recessione. La forza dei consumatori statunitensi è molto pronunciata, non da ultimo grazie alla tenuta del mercato del lavoro americano. E l’economia tedesca è probabilmente fuori pericolo. Allo stesso tempo gli emittenti corporate si trovano ad affrontare condizioni finanziarie significativamente diverse: le società più piccole sono sproporzionatamente non redditizie e hanno più debito con tassi di interesse variabili e scadenze più brevi rispetto alle loro controparti più grandi. Sebbene questo le renda più rischiose, con rendimenti più elevati, ci sono sempre opportunità nel segmento high yield. Non lo escludiamo completamente, ma tendiamo a essere più cauti”.

Qual è la vostra attuale allocazione tra titoli di Stato e obbligazioni societarie? Avete apportato modifiche?

“Ci stiamo concentrando sui rendimenti interessanti delle obbligazioni societarie e pertanto negli ultimi tempi abbiamo apportato solo lievi modifiche all’allocazione tra titoli di Stato e obbligazioni societarie. Il nostro punto di forza restano le obbligazioni societarie di alta qualità in euro”.

 

Oltre a un possibile scenario di riduzione dei tassi di interesse nel nuovo anno, esiste anche la possibilità di tassi di interesse a lungo termine elevati o addirittura di tassi di interesse in aumento. Come dovrebbero prepararsi gli investitori a questi diversi scenari?

“Non perdiamo di vista questo rischio. Per questo motivo attualmente abbiamo posizioni corte sui titoli di Stato nel nostro portafoglio. Questo ci distingue enormemente dagli altri. Ed è proprio questo a rendere il nostro Ethna-DEFENSIV un investimento di base ideale per gli investitori che condividono la nostra opinione: calo dei rendimenti a lungo termine ma con fermate intermedie e possibili rialzi sul lato lungo della curva dei rendimenti. Durante questa discesa dal picco dei tassi di interesse raccogliamo i pagamenti delle cedole e miglioriamo costantemente la nostra strategia per ottenere prestazioni migliori”.

Gli investitori forse sottovalutano lo scenario secondo cui l’inflazione potrebbe addirittura risalire e i tassi d’interesse aumentare ulteriormente?

“Nell’ultima conferenza stampa il presidente della Fed Jerome Powell ha sottolineato che l’attuale ciclo di inflazione non è quello classico. Ciò significa che l’inflazione non è stata innescata da una domanda eccessiva, ma piuttosto da un’offerta limitata come conseguenza delle restrizioni pandemiche. Secondo Powell, la domanda è stata robusta, ma la mancanza di beni sugli scaffali ha causato un aumento dei prezzi. Se così fosse, l’inflazione scomparirebbe con la stessa rapidità con cui si è manifestata. In questo caso non ci sarebbe alcuna sottovalutazione. Tuttavia, se la domanda dovesse superare l’offerta, vi sarebbe il rischio di un nuovo aumento del livello dei prezzi, cioè di un ritorno dell’inflazione. La nostra opinione è una combinazione delle due: è più una questione di persistenza dell’inflazione (intorno al 3%) che del suo ritorno a livelli più alti. Le Banche centrali troveranno quindi difficile utilizzare la politica monetaria per raggiungere l’obiettivo di ridurre l’inflazione dal 3% al 2%”.

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