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Obbligazioni AT1: ecco perché le banche potrebbero non emetterle più – BorsaNews24

2025/02/18 2

La decisione della Finma di eliminare 16 miliardi di franchi di obbligazioni AT1 di Credit Suisse nell’ambito della fusione con UBS ha lasciato strascichi nel sistema bancario. Molte banche infatti hanno smesso di emettere questa tipologia di bond. La mossa dell’autorità di regolamentazione delle attività finanziarie svizzera ha scatenato molte polemiche, in quanto ha protetto gli azionisti rispetto agli obbligazionisti. La regola vorrebbe invece che, in caso di fallimento di un istituto di credito, dovrebbe essere prima la proprietà a pagare dazio.

Le obbligazioni Additional Tier 1 si sono diffuse dopo la grande crisi del 2008 con lo scopo di spostare il rischio lontano dai depositanti. In sostanza si tratta di titoli che possono essere convertiti in azioni se il coefficiente patrimoniale di una banca Tier 1 scende sotto certi livelli, che dipendono dalla regolamentazione nei singoli paesi. Questo significa che, in casi estremi, gli obbligazionisti potrebbero finire per partecipare al rischio aziendale. In compenso, i rendimenti di questi titoli sono relativamente alti. Le obbligazioni AT1 sono perpetue, nel senso che la banca non ha alcun obbligo di rimborsare gli investitori a una certa scadenza, ma possono essere richiamate dall’emittente in certe date.

 

Obbligazioni AT1: un problema di rifinanziamento

Secondo quanto riportato da Refinitiv, nel solo mese di aprile oltre 37 miliardi di dollari di debito AT1 a livello globale prevede date di chiamata. Se molte banche decidessero di non richiamare il loro debito, i rendimenti dei titoli potrebbero crescere ulteriormente e questo sarebbe un problema soprattutto per i piccoli istituti che potrebbero avere difficoltà a rifinanziare il debito. A dimostrazione di quanto sta accadendo, la scorsa settimana il prestatore specializzato in prestiti immobiliari Deutsche Pfandbriefbank non ha richiamato le sue obbligazioni AT1, a causa di “condizioni di mercato e costi economici”.

Kian Abouhossein, analista bancario europeo di JPMorgan, ha recentemente osservato che la maggior parte delle banche sta pagando cedole dell’8-10% per le obbligazioni AT1. A suo avviso, gli istituti finanziari dovrebbero prepararsi a un “potenziale aumento a due cifre”. A giudizio di Mark Holman, co-fondatore di TwentyFour Asset Management, a queste condizioni sarà difficile che qualcuno emetta questo tipo di bond. “Non vedo perché dovrebbero pagare così tanto quando possono far crescere il capitale in altri modi, ad esempio attraverso gli utili non distribuiti” ha affermato.

 

Banche: è in corso una frammentazione?

Le tensioni sul mercato delle obbligazioni AT1 sono quindi molto elevate e a poco sono valse le rassicurazioni da parte delle autorità europee e britanniche sul fatto che non verrebbero seguite le orme della Finma in caso di altri dissesti bancari. La scelta del regolatore svizzero è stata per molti versi sconsiderata per gli analisti. Secondo Greg Peters, co-chief investment officer di PGIM Fixed Income, “le ricadute della decisione Finma per le banche compromettono per sempre la capacità di emettere AT1. Ci sarà un continuo repricing del premio di rischio in quello spazio”.

Mentre Stephen Ehrenberg, gestore di portafoglio per il gruppo obbligazionario investment grade di Barings, ha avvertito che costi più elevati potrebbero frammentare il mercato. “Si potrebbero vedere alcune delle forti banche del Regno Unito e le banche nordiche continuare a essere in grado di accedere a quel mercato. Ma si potrebbero vedere alcune delle banche più deboli scoprire che non possono accedere a nuove emissioni o che il costo per farlo è troppo elevato”, ha detto.

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