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Mercati valutari: ecco perché la volatilità è cresciuta nel 2022

2025/02/18 1

Mercati valutari: ecco perché la volatilità è cresciuta nel 2022

L’aumento di volatilità che si è vista nei mercati valutari quest’anno sta interrogando gli investitori su quali possano essere le possibili cause, al di là delle tensioni a livello internazionale. In verità non si può andare troppo oltre, perché proprio tali tensioni hanno innescato o quantomeno reso ancora più evidente una tendenza in atto: la deglobalizzazione. Già da quando è scoppiata la pandemia, le chiusure dei vari Paesi che hanno limitato la circolazione di mezzi, beni e persone hanno portato a un maggiore protezionismo. La guerra Russia-Ucraina ha fatto il resto.

Il motivo per cui una minore globalizzazione aumenta le oscillazioni dei cambi è dettato dal fatto che vengono in pratica chiuse maggiormente le possibilità di arbitraggio. Più precisamente, in un mondo perfettamente globalizzato dove la circolazione dei beni avviene senza costi, non vi può essere una differenza troppo marcata tra una valuta e l’altra. Perché altrimenti i trader comprerebbero nei mercati dove la valuta è più debole e venderebbero dove la stessa è più forte, non dovendo sopportare i costi dello spostamento. Questa forma di arbitraggio porterebbe a un allineamento dei prezzi, con una volatilità molto bassa. Se questo scenario viene meno e trasferire beni da un Paese all’altro diviene più difficile e costoso, tutto cambia e si possono vedere oscillazioni ampie nel mercato valutario.

 

Mercati valutari: le Banche centrali protagoniste

Un mondo meno globalizzato comunque non è il solo fattore di elevata volatilità dei mercati valutari. A questo si aggiunge anche la divergenza dei tassi d’interesse da parte delle Banche centrali. Il percorso politico degli istituti monetari è stato simile da quando l’economia globale è crollata a causa del Covid-19 nel 2020, perché tutti i Paesi ne sono stati coinvolti.

La divergenza però è cominciata quest’anno. Le ragioni sono fondamentalmente due. La prima si riferisce al fatto che dopo una crisi le economie reagiscono in maniera diversa e i Paesi fanno fronte ai loro impegni debitori a seconda delle proprie esigenze. La seconda è dettata dallo shock energetico provocato dalla guerra Russia-Ucraina che non ha colpito tutti allo stesso modo. Europa, Gran Bretagna e Giappone ad esempio sono quelli che hanno pagato lo scotto più grande perché più dipendenti dalle forniture russe, mentre gli Stati Uniti sono rimasti più al riparo vista la loro sostanziale indipendenza da Mosca. Di conseguenza l’impatto sulle economie è stato differente e le Banche centrali si sono comportate di conseguenza.

La Federal Reserve ha aumentato i tassi senza esitare per combattere l’inflazione, mentre le altre hanno prestato maggiori attenzioni agli effetti sull’economia di una mossa troppo aggressiva, eccezion fatta per la Bank of England che quest’anno ha alzato di 4 volte il costo del denaro. Ciò ha determinato una disarmonia tra l’andamento delle varie valute e una instabilità generale per effetto dell’incertezza tra le varie valute, con il dollaro USA che si è rafforzato, mentre yen, euro e sterlina che continuano a zoppicare.

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