Il Giappone rappresenta una minaccia molto grossa per i mercati finanziari globali. Al vertice della Bank of Japan non c’è più Haruhiko Kuroda, per scadenza di mandato. Al suo posto Kazuo Ueda, che sta preparando un’autentica inversione della linea di politica monetaria utra-accomodante portata avanti per anni dal suo predecessore. La BoJ ha iniettato sui mercati, negli anni passati, 3.400 miliardi di dollari di liquidità secondo Bloomberg e ora questo denaro si appresta in buona parte a essere ritirato dal mercato. La risalita dell’inflazione e il rafforzamento dello yen sono delle indicazioni molto chiare per le aspettative degli investitori.
Mercati finanziari: gli investitori giapponesi rientrano in patria
L’aumento dei tassi di interesse in altri paesi che non siano il Giappone ha già scosso i mercati finanziari, con un crollo delle azioni e delle obbligazioni nel 2022 che non si vedeva dai tempi della grande crisi del 2008. Ora i venti di recessione, aumentati da una crisi bancaria i cui sviluppi sono ancora incerti, rischiano di esacerbare una situazione di per sé critica. Il carico da novanta potrebbe venire proprio dagli investitori giapponesi, che in questi anni di denaro facile hanno comprato di tutto. A partire dai titoli di Stato statunitensi, di cui sono i maggiori detentori.
Se i tassi d’interesse salgono in Giappone, come è nelle previsioni, le tensioni sui mercati obbligazionari internazionali rischiano di amplificarsi. Questo perché gli investitori giapponesi riporteranno più denaro in patria, potendo contare su rendimenti più alti. Già un assaggio di quello che potrebbe succedere lo si è visto lo scorso anno, quando gli operatori del Sol Levante hanno venduto una quantità record di debito estero sulla speculazione che la BoJ avrebbe normalizzato la politica monetaria. L’allargamento della banda di oscillazione dei rendimenti dei titoli di Stato giapponesi a 10 anni decisa da Kuroda ha movimentato ancora di più i flussi.
“Avete già visto l’inizio del rimpatrio di quel denaro in Giappone”, ha dichiarato Jeffrey Atherton, gestore di portafoglio di Man GLG, parte di Man Group, il più grande hedge fund quotato in Borsa al mondo. “Sarebbe logico per loro portare i soldi a casa e non assumersi il rischio di cambio”. Dello stesso avviso risulta essere Akira Takei, un veterano del mercato da 36 anni e gestore di fondi presso Asset Management One Co., secondo cui gli investitori giapponesi oggi hanno ancora più motivi rispetto allo scorso anno di rientrare con gli investimenti. “Gli investitori del debito giapponese hanno avuto brutte esperienze al di fuori del Giappone nell’ultimo anno, visto che un sostanziale balzo dei rendimenti li ha costretti a subire perdite, quindi molti di loro non vogliono obbligazioni estere. Ora pensano che non tutti i fondi debbano essere investiti all’estero, ma possono essere investiti localmente”.
Sull’inversione della politica monetaria da parte della BoJ ci sono pochi dubbi, ormai. Secondo Jean Boivin, capo del BlackRock Investment Institute ed ex vice governatore della Banca del Canada, “un cambiamento nella politica monetaria in Giappone è una forza aggiuntiva che non viene apprezzata e tutte le economie del G-3 in un modo o nell’altro ridurranno i loro bilanci e restringeranno la politica” ha affermato. “Quando controlli un prezzo e allenti la presa può essere un grosso problema quello che succede dopo” ha vvertito.
Anche Jim O’Neill, ex ministro del governo britannico e capo economista di Goldman Sachs Group Inc, è convinto che “molto di ciò che è accaduto ai tempi di Kuroda si invertirà parzialmente o completamente”. Tuttavia, ritiene che la crisi bancaria potrebbe indurre la BoJ a procedere con maggiore cautela nella normalizzazione della sua politica monetaria, proprio per evitare effetti sismici nei mercati finanziari.