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Mercati emergenti: perché preferirli a quelli sviluppati – BorsaNews24

2025/02/18 1

I mercati emergenti sono una delle aree a cui guardare per il prossimo futuro secondo Alex Merla, head of Wholesale, Southern Europe di HSBC AM. Infatti, anche se BCE e Fed saranno costrette dalla recessione ad abbassare i tassi di interesse nel prossimo anno, fattore positivo per le Borse, le valutazioni fanno preferire paesi come India e ASEAN, in particolare l’Indonesia, che presentano interessanti prospettive di crescita e in cui le Banche centrali sono state più rapide di BCE e Fed a intervenire per contenere l’inflazione.

 

Iniziamo a tracciare lo scenario in cui si dovranno muovere gli investitori. La recessione arriverà o no? E se sì, quando? Quanto sarà profonda?

Alex Merla, head of Wholesale, Southern Europe di HSBC
Alex Merla, head of Wholesale, Southern Europe di HSBC

“La restrizione monetaria attuata nel corso dell’ultimo anno e mezzo da Federal Reserve e Banca centrale europea genera una stretta nelle condizioni finanziarie e delle conseguenze sull’economia. La view di HSCB AM è che la recessione ci sarà ma sarà leggera, circa 1,5 punti percentuali di descrescita, sia in Europa che negli USA. Arriverà prima negli Stati Uniti, nel corso del quarto trimestre del 2023 o nel primo del 2024 e, con un trimestre di ritardo, colpirà anche il Vecchio continente. I mercati finanziari al momento non scontano ancora questo scenario. Le Borse hanno mantenuto un atteggiamento rialzista mentre tra le obbligazioni gli spread sono ancora stretti. Per questo motivo, manteniamo un atteggiamento cauto sui mercati sviluppati”.

 

E per quanto riguarda l’inflazione?

“L’inflazione è in discesa e continuerà a ridursi fino a tornare verso il 2% nel 2024 sia negli Stati Uniti che in Europa. Bisogna però distinguere tra inflazione headline e inflazione core. È a quest’ultima che guardano le Banche centrali nelle loro scelte di politica monetaria. I prezzi al consumo core, al netto delle componenti più volatili di alimentari ed energia, è ancora forte, soprattutto nel settore dei servizi”.

 

Quindi cosa faranno le Banche centrali?

“Staranno molto attente ai dati economici in uscita. Il che significa che potrebbe permanere incertezza sulle prossime mosse in base al tenore delle rilevazioni. In generale pensiamo che il picco negli Stati Uniti sarà tra il 5% e il 5,5% e per l’eurozona tra il 3,5% e il 4%. Poi, a seconda del trimestre in cui si paleseranno i segnali di recessione, arriveranno i primi tagli di un ciclo di riduzione dei tassi di interesse. Anche in questo caso, come per la recessione, gli USA precederanno l’Europa”.

 

A partire da questo scenario dove potrebbero trovare valore gli investitori europei?

“Abbiamo un approccio cauto sui mercati azionari dei paesi sviluppati dove ci attendiamo una riduzione dei profitti aziendali con l’arrivo della recessione. Guardiamo invece con molto interesse ai mercati emergenti. Le economie dei paesi emergenti sono in crescita, tanto che nel 2023 contribuiranno per oltre il 60% alla crescita del PIL globale. Da sole Cina e India peseranno per il 50% della crescita economica mondiale. Ma non ci sono solo Cina e India. I paesi del sud-est asiatico, come il Vietnam, stanno beneficiando della deglobalizzazione. Inoltre nei paesi emergenti l’inflazione è sotto controllo perché le Banche centrali si sono mosse prima per contrastarla. Ora potrebbero avviare dei tagli dei tassi che favorirebbero il mercato azionario. Questo non vale solo per gli emergenti asiatici ma anche per l’America Latina dove, per esempio, le Banche centrali di Brasile e Messico potrebbero ridurre i tassi di interesse. Oltre a ciò, ci sono dei gap di valutazione consistenti. Sui mercati sviluppati i multipli sono già a livelli elevati. Riteniamo che sui mercati emergenti ci possano essere delle opportunità interessanti”.

 

La recessione nei paesi sviluppati non si ripercuoterebbe anche sui mercati emergenti?

“Certamente tutti i paesi grandi esportatori subiranno dei contraccolpi. Tuttavia alcune delle economie dei paesi emergenti sono oggi meno dipendenti dall’andamento dei paesi sviluppati grazie alla crescita di una classe media in grado di generare un rafforzamento dei consumi interni. Inoltre bisogna tenere conto del fatto che il 70% delle esportazioni di questi paesi è diretta verso altri componenti del blocco asiatico. L’interdipendenza dai paesi sviluppati si è ridotta rispetto al passato. C’è poi il tema delle valute. La recessione e il taglio dei tassi di interesse negli Usa favorirà una discesa di valore del dollaro e questo contribuirà a rafforzare le valute dei paesi emergenti con beneficio per le obbligazioni in valuta locale”.

Oltre alle obbligazioni dei mercati emergenti in valuta locale vedete altre fonti di valore interessante sull’obbligazionario?

“Finora sull’obbligazionario ci siamo orientati soprattutto verso le obbligazioni governative a breve, per esempio sui due anni, per sfruttare le curve di rendimento invertite in attesa della recessione. Oltre ai governativi riteniamo che ci siano opportunità interessanti nelle obbligazioni corporate investment grade in quanto rappresentano un buon investimento anche in fasi di recessione. Non ci addentriamo invece sui bond high yield in questo momento. Per quanto riguarda il mercato obbligazionari emergente, sia sulle emissioni sovrane che su quelle aziendali in valuta si possono spuntare rendimenti intorno al 7,5%”.

 

Oltre ai mercati emergenti, come avete preparato i vostri portafogli per lo scenario che abbiamo tracciato?

“Oltre a quanto ho già detto abbiamo iniziato ad aggiungere nei nostri portafogli multiasset delle asset class decorrelate come liquid alternative, market neutral, real asset, infrastructure equity e debt, direct lending. Ormai questi strumenti di investimento non sono più appannaggio esclusivamente degli investitori istituzionali ma anche di quelli professionali e retail grazie alla nuova legislazione più permissiva”.

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