Sui mercati emergenti arriva la scure di Man Group Plc, il più grande hedge fund quotato in Borsa del mondo. La società d’investimento, che lo scorso anno ha battuto il 99% dei peer posizionandosi short da febbraio, ha affermato che i mercati emergenti dovranno affrontare perdite rilevanti entro la fine del 2023. Il fondo riteneva che la fase rialzista vista tra ottobre e gennaio non avesse giustificazioni nei fondamentali economici e quindi fosse destinata a invertirsi. Così è stato. Da allora le obbligazioni sovrane hanno perso in media il 2,2% e l’indice azionario MSCI dei mercati emergenti è arretrato di quasi il 7%, rileva Man Group.
“La nostra argomentazione è ancora valida. Abbiamo una delle posizioni più difensive di sempre”, ha detto Guillermo Osses, responsabile delle strategie di debito dei mercati emergenti a New York. A suo avviso, gli spread obbligazionari, le valute e i tassi dei mercati emergenti non sono frutto di cambiamenti nelle prospettive macroeconomiche per i paesi in via di sviluppo ma più che altro la conseguenza della liquidità arrivata dalla Federal Reserve.
Man Group: ecco perché allontanarsi dai mercati emergenti
Quest’anno i mercati emergenti hanno sottoperformato: l’indice S&P 500 ha guadagnato 4 volte tanto l’MSCI Emerging Markets. Osses ritiene che i prossimi 6-9 mesi saranno ancora peggio, perché la Fed restringerà la sua politica monetaria sia aumentando i tassi che riducendo le dimensioni del suo bilancio. “L’impatto sarà aggravato da un rimbalzo del saldo di cassa del Tesoro sulla scia di una soluzione di limitazione del debito che alla fine sarà raggiunta”, afferma Osses. Questo significa che l’aumento degli spread obbligazionari nei mercati emergenti” sarà molto più violento di quello che abbiamo visto all’inizio del 2022, quando la Russia ha invaso l’Ucraina”, ha detto lo strategist di Man Group.
Un altro punto che gioca a sfavore dei mercati emergenti è il cambiamento di politica monetaria della Bank of Japan, secondo Osses. L’istituto centrale giapponese potrebbe allentare il controllo della curva dei rendimenti dei titoli di Stato, “riducendo in questo modo la domanda da parte degli investitori istituzionali del paese per il debito dei mercati emergenti”, ha affermato. “Man mano che questo drenaggio di liquidità diventa più profondo, la situazione diventerà più impegnativa”, ha aggiunto. A suo avviso, tutti i responsabili politici delle nazioni in via di sviluppo stanno operando come se la liquidità a cui si sono abituati negli ultimi anni fosse ancora disponibile. “Pensiamo che non si siano ancora resi conto che questo sta per cambiare abbastanza bruscamente e che sta già cambiando”, ha concluso.
La visione di altri strategist
Sui mercati emergenti, Man Group non è l’unico a essere pessimista. Anche Olga Yangol, stratega di Credit Agricole a New York, ha sottolineato come il rally dei mercati negli ultimi mesi fosse in gran parte guidato dalle condizioni di liquidità. “Ci aspettiamo che la risoluzione dell’impasse del tetto del debito, l’inizio della stretta creditizia ciclica, così come il tasso dei Fed funds potenzialmente più alto per più tempo nel contesto della persistenza dell’inflazione facciano invertire la rotta. Per questo motivo, nel nostro portafoglio di valute dei mercati emergenti siamo sottopesati rispetto al dollaro“, ha scritto in un report.
Altri invece, come BlackRock Inc., hanno raccomandato di investire più denaro nei mercati emergenti, in quanto “più resilienti mentre le economie sviluppate dovranno mantenere i tassi più alti a lungo per domare l’inflazione vischiosa”. La più grande società di gestione del mondo indica la riapertura economica della Cina e la fine del ciclo del rialzo dei tassi dei mercati emergenti come venti favorevoli, oltre a una Fed meno aggressiva e quindi a un dollaro USA più debole.