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Mercati emergenti europei: ecco chi andrà forte nel 2024 – BorsaNews24

2025/02/18 1

Il dollaro ha dominato il mercato delle valute nel 2023 e solo recentemente ha ceduto parte della sua forza. I tassi di interesse non sono stati tagliati dalle Banche centrali, come invece era previsto a fine 2022. I rendimenti delle obbligazioni governative e dei bond corporate investment grade sono di conseguenza rimasti elevati. Queste tre ragioni hanno frenato le performance dei mercati emergenti nell’anno che si va a concludere. Tuttavia Rollo Roscow, gestore mercati emergenti, e Andrew Rymer, senior strategist Strategic research unit di Schroders, sottolineano come all’interno dell’universo emergente “ci siano vincitori e vinti”. In particolare i mercati emergenti europei “quest’anno hanno registrato rendimenti eccellenti”. Sapranno ripetersi nel 2024?

 

Mercati emergenti europei: 3 promossi e 2 bocciati

Roscow e Rymer identificano i mercati emergenti europei in Repubblica Ceca, Grecia, Ungheria, Polonia e Turchia, specificando che “nella regione vi siano anche mercati di frontiera investibili”. In questi cinque soli mercati esistono, secondo i due rappresentanti di Schroders, interessanti opportunità strutturali di lungo termine.

Nel 2024, tuttavia, faranno meglio la Grecia, la Polonia e l’Ungheria mentre su Turchia e Repubblica Ceca i due gestori mostrano qualche riserva. “Non siamo ottimisti su Turchia e Repubblica Ceca” – scrivono in un report -. Per quanto riguarda la Turchia, ciò è dovuto ai continui dubbi sull’impegno a lungo termine di una politica monetaria ortodossa. Inoltre, esiste un rischio valutario. Per quanto riguarda la Repubblica Ceca, le prospettive macroeconomiche stanno migliorando, grazie al sostegno dei fondi europei per la ripresa, e le valutazioni sono ragionevoli. Tuttavia, le opportunità bottom-up sono limitate”.

Su Grecia, Polonia e Ungheria, invece, ci sono diversi elementi favorevoli. Il primo, comune a tutti e tre i mercati, sono le valutazioni complessive interessanti. “In Grecia – spiegano Roscow e Rymer – le solide prospettive a lungo termine rimangono inalterate grazie al continuo sostegno dei fondi di ripresa di Bruxelles e allo slancio delle riforme. In Polonia le prospettive di crescita a medio termine sono positive, sostenute dal miglioramento del flusso di fondi europei e dal nearshoring. Infine, in Ungheria, il rischio politico continua a preoccupare, mentre la crescita economica è stata debole. Tuttavia l’inflazione sta scendendo da un livello elevato e la Banca centrale ha iniziato ad allentare la politica monetaria”.

 

Le prospettive per la crescita economica

Il Fondo monetario internazionale prevede una crescita del 2% o superiore per i mercati emergenti europei, con l’eccezione della Turchia. Infatti, mentre nelle altre quattro nazioni l’inflazione è in calo e i tassi di interesse sono destinati a scendere, sul Bosforo i prezzi sono ancora molto elevati. “Le Banche centrali delle economie CE3 – Repubblica Ceca, Ungheria e Polonia – hanno aumentato significativamente i tassi di interesse da quando è iniziata la stretta monetaria nel 2021 per contrastare l’aumento dell’inflazione – riprendono Roscow e Rymer -. C’è ancora del lavoro da fare e i tassi di policy potrebbero rimanere più alti a lungo nella regione, anche se le Banche centrali di Ungheria e Polonia hanno iniziato ad allentare la pressione”.

La Grecia, invece, essendo parte dell’eurozona è sottoposta alle decisioni sui tassi di interesse da parte della BCE. Secondo gli analisti Francoforte taglierà i tassi di interesse nel 2024. La Turchia, infine, ha un tasso di inflazione che ha toccato il 61% e di recente la Banca centrale ha aumentato i tassi di interesse del 25% portandoli al 35%.

 

I rischi di scenario per i mercati emergenti europei

Ai rischi che interessano tutti i mercati finanziari, in maggiore o minore misura, come quelli geopolitici che potrebbero determinare nuove tensioni sul fronte energetico, per i mercati emergenti europei è da tenere in considerazione il tema dei rapporti con l’Unione europea.
In questo ambito si manifestano spesso delle tensioni che portano ad avvicinamenti o irrigidimenti la cui conseguenza è un rinvio dei fondi che l’Ue mette a disposizione dei Paesi membri.

Il primo rischio si è ridotto, secondo gli analisti di Schroders, “grazie alla moderazione dei prezzi energetici globali e alla buona situazione degli stoccaggi di gas nell’Ue”. Tuttavia il potenziale per nuovi shock è aumentato con l’avvio dell’operazione di Israele nella striscia di Gaza dopo l’attacco di Hamas.

Sul fronte delle relazioni interne all’Unione europea, Roscow e Rymer registrano il miglioramento dei rapporti con la Polonia. Un avvicinamento che proseguirà in seguito all’elezione di Donald Tusk al ruolo di primo ministro. Tusk, ex presidente del Consiglio europeo e leader di una coalizione favorevole all’Ue, succede a Mateusz Morawiecki, del partito nazionalista e populista Diritto e giustizia.

Più complessa è la posizione dell’Ungheria dove “le scarse relazioni con Bruxelles sono state una caratteristica a lungo termine sotto la guida del primo ministro Orban”. Tanto è vero che l’Unione europea ha bloccato alcuni fondi per la ripresa e la resilienza fino a nuovi accordi.
In Turchia, infine, il punto interrogativo è legato alla figura del presidente Recep Tayyp Erdogan, in carica dall’agosto 2014, che ha portato avanti finora una politica non convenzionale che ha tenuto i tassi di interesse bassi per sostenere la crescita. L’inflazione, tuttavia, è decollata fino al 61,3% di ottobre e solo recentemente la Banca centrale è intervenuta alzando i tassi di interesse, ora al 40%, ai livelli più alti degli ultimi venti anni.

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