Numeri che fanno impressione e numeri che fanno sperare. Sono contenuti nell’”Indagine sul risparmio e le scelte finanziarie degli italiani” realizzata dal Centro Einaudi in collaborazione con Intesa Sanpaolo. Fa impressione, per esempio, che solo il 2,3% dei giovani si dichiari interessato ai temi dell’economia e della finanza; fa impressione che il tempo dedicato a informarsi su questi argomenti da parte di questi stessi giovani sia limitato a soli 17 minuti alla settimana; fa impressione che solo il 17% del campione, analizzato da Doxa tra marzo e aprile 2022, risparmi avendo in mente un obiettivo preciso.
Sul piatto positivo della bilancia la ricerca di Intesa Sanpaolo e Centro Einaudi conferma la capacità degli italiani di risparmiare: la quota di famiglie risparmiatrici è tornata sopra il 53%, avvicinandosi ai livelli pre-pandemia, mentre la percentuale di reddito risparmiata è salita nel 2022 all’11,5% dal 10,9% del 2021. Positivo anche l’aumento del gradimento espresso verso il risparmio gestito con una quota di possessori di fondi e sicav che è salita al 17,3% nel 2022 dal 12,4% del 2021 anche se, sottolinea lo studio, vi sono grandi differenze tra le aree geografiche (si scende dal 41% del Nord-Est al 4,9% di Sud e Isole).

Italiani e risparmio: tranquillità o incoscienza?
“La preparazione al rischio degli investitori italiani è bassissima ma il rischio non si può evitare, va affrontato e gestito” è stato il commento ai dati dell’Indagine di Gian Maria Gros Pietro, presidente di Intesa Sanpaolo. Una cosa che gli italiani non sembrano ancora in grado di fare, come risulta dal basso utilizzo di polizze long-term care (LTC), al 10,4% tra i giovani e al 26% nella fascia di reddito più alta della popolazione, e di polizze di responsabilità civile personale o della famiglia, attivate rispettivamente da un soggetto su dodici e uno su dieci.
Gli italiani sembrano quasi voler dire che ce la fanno da soli. Tanto che il 93,3% degli intervistati si dichiara finanziariamente indipendente mentre il 64,6% ha migliorato il suo giudizio sulla sufficienza del reddito a consentire un tenore di vita accettabile sia nel presente che nel momento di andare in pensione. E se bisogna pensare ai rischi lo si fa con un’ottica di breve termine, tanto che chi risparmia lo fa principalmente per un motivo precauzionale (42,9%).
Una tattica che si scontra con la realtà: solo il 38% pensa di poter fare fronte a una spesa imprevista di 5.000 euro attingendo ai propri risparmi, contro un 26% che sarebbe costretto a chiedere un prestito in banca, il 25% che si rivolgerebbe alla famiglia e agli amici, il 3% che venderebbe qualcosa. Anche il futuro appare poco chiaro al campione intervistato. Nonostante sia in crescita la quota di chi ha aderito a una forma di previdenza integrativa, la percentuale complessiva rimane molto bassa, appena il 17,6% (12,6% nel 2021).

Dove sbagliano gli italiani?
Beppe Facchetti, presidente del Centro Einaudi, fa riferimento a Luigi Einaudi, economista e politico italiano e primo Presidente della Repubblica a essere eletto dal Parlamento ai cui insegnamenti si ispira l’Istituto con sede a Torino: “Einaudi aveva un concetto di risparmio dinamico e non statico. Risparmio e investimento devono camminare insieme. Il risparmio è lo scudo e la protezione per avere un futuro migliore”. Ecco perché gli italiani sbagliano a rimanere ancorati a un concetto statico di risparmio, soprattutto con un tasso di inflazione che oggi è arrivato alla doppia cifra. “Oggi il 44% della ricchezza è detenuta sui conti correnti. La situazione è destinata a migliorare con i tassi di inflazione attuali ma questa cattiva abitudine è difficile da estirpare” ha aggiunto il capo economista di Intesa Sanpaolo, Gregorio De Felice.
Anche i giovani non riescono a deviare dalla strada tracciata dai loro genitori. Il mattone rimane infatti l’investimento prediletto (il 74,1% degli italiani possiede la casa dove vive) mentre i portafogli di investimento tendono a essere monotematici, ad avere uno scarso livello di diversificazione e tassi di rendimento bassi. Manca quel grado di conoscenza e consapevolezza che permetterebbe di avere una visione completa del mondo degli investimenti e di capirne il funzionamento, in maniera da avere una gestione dei risparmi più attiva e soddisfacente. La famiglia non è in grado di dare loro questo livello di consapevolezza, le istituzioni scolastiche non fanno ancora abbastanza e così i giovani si rivolgono a quello che più suscita la loro attenzione, gli investimenti con impatto sociale, la tecnologia e le criptovalute.

I segnali di miglioramento
Tra i segnali positivi emersi dalla ricerca, oltre all’aumento della percentuale di famiglie che riescono a risparmiare, c’è la presa di coscienza dei propri limiti. La maggiore preoccupazione quando ci si trova di fronte al processo di investimento è la valutazione del rischio delle soluzioni di investimento proposte per il 52,9% dei rispondenti. Nel 2000 era il timing di investimento a essere indicato dal 42,5% del campione come il problema principale. Per Giuseppe Russo, presidente e direttore del Centro Einaudi, si tratta di un passo avanti importante: “Aver preso coscienza dei propri limiti di conoscenza e di preparazione è un segno di maturità da parte degli investitori”.