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Il private equity frena con le Banche centrali che vogliono la recessione – BorsaNews24

2025/02/18 2

Gli investimenti di private equity e venture capital in Italia sono stati, nel primo semestre del 2023, poco più di un terzo di quanto erano stati nei primi sei mesi del 2022. È questo il dato da cui è partito Innocenzo Cipolletta, presidente AIFI – Associazione italiana private equity – nel presentare il “Rapporto sul mercato italiano del private equity e venture capital” redatto in collaborazione con PwC. “Sia la Federal Reserve che la Banca centrale europea sostengono che l’unica maniera per abbassare l’inflazione è mandare in recessione controllata l’economia. Le aziende, come conseguenza, utilizzano le scorte, producono meno e rinviano i piani di investimento” ha spiegato Cipolletta.

Ciò ha riflessi negativi su un settore importante per la crescita dell’economia e dell’industria italiane ed è per questo che il presidente di AIFI invita il governo a non deviare fondi destinati al private equity e venture capital “verso il costituendo fondo per il Made in Italy. Quest’ultimo dovrebbe invece essere dotato di nuove risorse finanziarie per non deprimere un mercato che si presenta debole, come mostrano i dati”.

 

I numeri del private equity nel primo semestre 2023

Nel Rapporto presentato da AIFI in collaborazione con PwC ci sono anche numeri positivi. Infatti, al di là del crollo degli investimenti (-71% rispetto al primo semestre 2022), si è registrata una crescita della raccolta a 1,977 miliardi di euro (+16%) pur con un numero inferiore di operatori (20, -23%). Nel complesso sono state 346 le operazioni effettuate nel primo semestre dell’anno, in tenuta (+2%) rispetto all’anno passato, cosa che spinge Anna Gervasoni, direttore generale di AIFI, a sottolineare che “sono mancati i big deal. La raccolta ha tenuto in quanto a volumi ma al suo interno c’è una grossa fetta di raccolta captive, ossia proveniente dagli azionisti”. Qui di seguito i risultati più importanti del Rapporto:

 

  • Raccolta totale: 1,977 miliardi di euro, +16%
  • Raccolta captive: 910 milioni di euro, +550%
  • Operatori: 20, -23%
  • Investimenti: 3,189 miliardi di euro, -71%
  • Investimenti mega deal, oltre 150 milioni di euro: 860 milioni di euro (-89%)
  • Operazioni di investimento: 346, +2%
  • Disinvestimenti: 996 milioni di euro, -33%
  • Operazioni di disinvestimento: 54, +10%

 

Il grafico mostra l\'ammontare investito nelle operazioni di private equity e venture capital per tipologia. Prevalgono sempre le operazioni di buyout
L’evoluzione dell’ammontare investito per tipologia di operazioni – Fonte: AIFI, PwC

 

Le operazioni di disinvestimento riflettono una dinamica simile a quelle di investimento, con una crescita del numero di accordi ma tutti di minori dimensioni. La destinazione prevalente dell’asset ceduto è un altro gruppo di private equity o venture capital, oppure altre imprese mentre rimane marginale la quotazione in Borsa giudicata poco attrattiva. “Oggi come oggi – ha spiegato Cipolletta – la tendenza ad andare in Borsa è negativa perché ci sono delle costrizioni eccessive, soprattutto all’atto della quotazione. Inoltre gli investitori spesso mettono sul mercato quote minori che gli permettano di mantenere il controllo della società. In questo caso, tuttavia, il denaro che riescono a raccogliere non fa la differenza e dopo qualche anno arrivano a domandarsi se rimanere quotati, con gli obblighi che comporta, sia davvero utile”. Secondo il presidente di AIFI molti imprenditori mancano della consapevolezza che il controllo dell’impresa, se si fanno bene le cose e non si fa solo il proprio interesse, può essere mantenuto anche con quote inferiori.

Il grafico a barre verticali mostra l\'andamento dei disinvestimenti dalle operazioni di private equity e venture capital, per tipologia di exit. La quotazione in Borsa rimane minoritaria
La distribuzione dei disinvestimenti per tipologia – Fonte: AIFI, PwC

Sul tema Anna Gervasoni ha sottolineato il lavoro di AIFI e Borsa Italiana per favorire la riforma in corso delle quotazioni: “Vediamo qualche segnale ma il contesto è altamente incerto, anche sui mercati, dove in questo momento non è facile organizzare una IPO”.

La sofferenza del settore del private equity e venture capital non è una questione che riguarda solo l’Italia. I dati internazionali, presentati da Francesco Giordano, private equity leader di PwC Italia, confermano l’arretramento delle attività del comparto. Nel secondo trimestre del 2023 la raccolta si è attestata a 107 miliardi di dollari, terzo trimestre consecutivo di contrazione dopo i 164 miliardi dei primi tre mesi dell’anno e i 176 dell’ultimo quarto del 2022. Nel secondo trimestre dell’anno passato, invece, la raccolta si era attestata a 165 miliardi di dollari.

 

Fonti di raccolta: crescono investitori individuali e family office

La maggior parte della raccolta nel primo semestre del 2023 è arrivata dall’Italia (67%) e ha riguardato fondi di venture capital (56%) e buy out (35%). Positivo il contributo di investitori individuali e family office che ormai rappresentano un quarto della raccolta complessiva (24%). “Ormai i private asset iniziano a essere una asset class inserita stabilmente nei portafogli delle grandi famiglie” ha commentato Anna Gervasoni, aggiungendo che ciò contribuisce a una diminuzione delle operazioni di exit, in quanto spesso in questi casi l’investimento si inserisce in una strategia di lungo periodo.

La restante parte della raccolta è arrivata dai fondi di fondi privati (23%), dai fondi pensione e casse di previdenza (18%), dal settore pubblico e da fondi istituzionali (16%) e dalle banche (9%). All’interno della prima categoria è importante il contributo della Cassa depositi e prestiti che Gervasoni si augura possa continuare. “Il suo ruolo di anchor investor ha aiutato nella raccolta di altri fondi di venture capital ma deve diventare una partecipazione strutturale in quanto i benefici di queste azioni si vedono nel lungo periodo” ha commentato.

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