I grandi investitori si tengono lontani dai Gilt del Regno Unito. L’inflazione elevata che ha fatto alzare i rendimenti non è abbastanza per attirare alcuni gestori di fondi. Questi si aspettano un’ulteriore risalita dei rendimenti e il motivo sta nel fatto che il costo della vita in Gran Bretagna non accenna a diminuire, il che significa che la Bank of England continuerà ad alzare i tassi d’interesse. Nell’ultima riunione la Banca centrale britannica ha attuato una stretta di mezzo punto, portando il costo del denaro al 5%, ma soprattutto ha annunciato che altri aumenti arriveranno se l’inflazione non si abbassa.
Domani ci sarà la pubblicazione dell’IPC del mese di giugno, con gli analisti che si aspettano un calo all’8,2%, dall’8,7% di maggio. Attualmente i Gilt a 10 anni rendono il 4,4%, in confronto al 3,8% dei Treasury Bond americani e al 2,5% dei Bund tedeschi. “È necessario un premio di rischio maggiore sui titoli di Stato britannici a causa del contesto di inflazione più difficile, del mercato del lavoro più impegnativo e delle maggiori sfide per la Banca d’Inghilterra”, ha affermato Hugh Gimber, strategist dei mercati di JP Morgan Asset Management.
Gilt: ecco tutti i motivi della fuga degli investitori
Il percorso controverso della BoE sta alimentando quindi la riluttanza degli investitori a tuffarsi nelle obbligazioni sovrane britanniche. L’istituto guidato da Andrew Bailey è stato criticato aspramente per le sue erronee previsioni sull’inflazione e quindi sui tassi d’interesse. A inizio marzo, il governatore aveva dichiarato di essere vicini al picco quando i tassi giunsero al 4%. Ora il costo del denaro è arrivato al 5% e potrebbe crescere ancora.
Tuttavia, questa non è l’unica motivazione che tiene lontani i grandi gestori dai Gilt. In Gran Bretagna c’è in questo momento un allarme mutui. Rispetto ad altri Paesi, il Regno Unito ha mutui a breve termine che si rinnovano ogni due anni. Questo significa che, con tassi in aumento, le famiglie dovranno affrontare un rincaro costante dell’onere per l’acquisto di una casa. La BoE ha calcolato che la rata del mutuo potrebbe salire a oltre 500 sterline al mese entro la fine del 2026 per 1 milione di famiglie. “C’è una traiettoria di inflazione molto problematica nel Regno Unito e non è chiaro come le autorità fiscali risponderanno alla crisi dei mutui”, ha detto Christian Kopf, responsabile del reddito fisso di Union Investment, il più grande gestore patrimoniale tedesco.
Lo stato di incertezza generale è avvalorato anche dal fatto che il governo britannico è in un momento di estrema necessità di finanziamenti. Downing Street prevede che nel 2023 il Regno Unito collocherà 241 miliardi di sterline di Gilt, in forte aumento rispetto ai 139,2 miliardi di sterline dello scorso anno. Ciò in un contesto in cui quest’anno il rapporto debito/PIL del Regno Unito ha oltrepassato il 100% per la prima volta dal 1961. Al riguardo, l’Office for Budget Responsibility – autorità che sorveglia la spesa nel Paese – ha definito “molto rischiosa e vulnerabile” la posizione debitoria della Gran Bretagna rispetto a quella di altre economie avanzate.
La posizione degli investitori
Gli investitori quindi aspettano per acquistare i titoli di Stato britannici. Per Greg Peters, co-chief investment officer di PGIM Fixed Income, “è troppo prematuro aumentare l’esposizione ai Gilt, con il continuo problema di inflazione del Regno Unito”. Il Paese “è una roccia in mezzo all’oceano che si è separata dal mondo con la Brexit”, ha aggiunto. “Un certo numero di cose potrebbe andare storto – la Banca d’Inghilterra potrebbe aumentare i tassi meno di quanto richiesto e alzare il suo obiettivo di inflazione perché è troppo doloroso per i titolari di mutui, e c’è il rischio che il governo non riesca a intraprendere gli aggiustamenti necessari per prevenire un ulteriore incremento del rapporto debito/PIL”, ha concluso.
Altrettanto guardingo è Anders Persson, chief investment officer obbligazionario di Nuveen Asset Management, che si è dichiarato neutrale sui Gilt, optando invece per i titoli di Stato americani ed europei poiché le Banche centrali sono alla fine del ciclo dei rialzi dei tassi e il rischio di recessione prolungata è inferiore in USA e in Europa. “La Banca d’Inghilterra ha avuto una storia a scacchi nell’inviare segnali confortanti agli investitori. Ed è un peccato che ci siano stati passi falsi dall’approccio del governo in modo più ampio”, ha affermato.