La Commissione parlamentare di controllo sull’attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale ha audito nei giorni scorsi Assogestioni sul tema delle casse previdenziali e dei fondi pensione. L’Associazione degli operatori dell’industria del risparmio gestito, i cui componenti rappresentano circa 2.400 miliardi di euro di patrimonio in gestione (marzo 2024), ha avanzato alcune proposte per migliorare il sistema previdenziale alternativo italiano. Le proposte vanno nella direzione di rendere il sistema più flessibile per chi lo utilizza. In particolare, secondo Assogestioni è necessaria l’implementazione di tre interventi:
- Predisporre un meccanismo di adesione automatica in entrata salva scelta contraria espressa della persona (opt-out);
- Rivedere le opzioni di default per accompagnare l’aderente verso prestazioni adeguate nel lungo termine;
- Garantire maggiore flessibilità in uscita.
Grazie a queste modifiche, secondo l’Associazione, il sistema della previdenza alternativa svolgerebbe meglio il suo compito doppio, di sostegno al reddito pensionistico dei lavoratori e di acceleratore della crescita reale dell’Italia.
Contributo quasi nullo all’economia italiana
A quasi 20 anni dall’adozione della previdenza complementare in Italia con il Decreto legislativo 252/2005, i numeri rimangono deficitari e così il contributo all’economia del Paese. Il tasso di adesione degli italiani alla previdenza complementare si ferma al 36,2% secondo le rilevazioni più recenti di Covip ma è ancora più contenuto (26,2%) se si considerano solo coloro che nel corso del 2022 hanno effettivamente versato contributi al fondo pensione. In Germania, per fare un confronto, la partecipazione si aggira sull’80%. In rapporto al PIL, il patrimonio versato alla previdenza complementare italiana – circa 223 miliardi di euro a fine 2023 – arriva ad appena il 9,7%, in venticinquesima posizione a livello globale stando alle rilevazioni dell’Ocse.

Il sistema italiano è in difetto anche per quanto concerne gli investimenti dei fondi. L’allocazione ricalca infatti l’impostazione estremamente timorosa e prudente che gli italiani hanno verso i mercati finanziari. Secondo la Commissione di vigilanza sui fondi pensione (Covip), il 38% degli iscritti sceglie comparti garantiti, il 39,7% comparti bilanciati, e solo il 9,2% opta per comparti azionari. Questo orientamento verso investimenti meno rischiosi riduce l’impatto positivo sull’economia nazionale. Infatti, a fine 2022, dei 35,5 miliardi di euro investiti nell’economia italiana dai fondi pensione, 26,1 miliardi erano in titoli di Stato italiani, limitando così il sostegno diretto al settore produttivo. Gli altri titoli di debito e i titoli di capitale figurano per un ammontare rispettivamente, di 2,6 e 1,5 miliardi di euro. I titoli non quotati sono pari a circa 930 milioni di euro, 270 milioni costituiti da obbligazioni e appena 660 milioni da azioni.
Alcuni fattori demografici ed economici spingeranno per forza di cose a un’adozione più alta della previdenza integrativa da parte degli italiani, come ha spiegato in audizione Assogestioni: “C’è da considerare che, con l’entrata a regime del sistema a contribuzione definita, il tasso di sostituzione delle pensioni pubbliche sia destinato a scendere nel corso dei prossimi anni, soprattutto per i lavoratori autonomi. Ulteriori fattori, come l’andamento demografico, la necessità di ridurre le spesa pubblica per le pensioni e di garantire pensioni adeguate ai lavoratori e alle future generazioni indicano, anche per un Paese come l’Italia, l’importanza di accelerare lo sviluppo della previdenza complementare”. Tuttavia non basterà e dovranno essere applicate delle politiche di avvicinamento e semplificazione della previdenza complementare in Italia.
I correttivi da apportare ai fondi pensione secondo Assogestioni
Oltre al modesto livello di adesione e alla scelta di profili garantiti (38% degli iscritti) la previdenza complementare italiana si distingue per la sua grande frammentazione, con 332 fondi pensione a fine 2022, molti con patrimoni limitati e quindi poco efficaci anche dal punto di vista del rendimento. Peraltro, come ha evidenziato il sondaggio effettuato presso le Casse di previdenza da Mefop nel 2022, i fondi pensione coinvolti nella ricerca hanno attribuito alle ridotte dimensioni e alla mancanza di strutture di controllo adeguate il mancato investimento in strumenti alternativi, quelli in grado di generare maggiore rendimento e più legati all’economia reale del Paese.
“Occorre quindi incentivare la crescita del sistema della previdenza complementare per assicurare un adeguato livello di copertura previdenziale ai futuri pensionati e per dare nuovi stimoli allo sviluppo della nostra economia” è l’appello lanciato ai deputati della Commissione da Assogestioni, che ha avanzato poi tre proposte per migliorare il sistema.
Secondo Assogestioni, un sistema di adesione automatica con meccanismo opt-out potrebbe facilitare l’inclusione di un numero maggiore di lavoratori. Dal 2007 al 2022, il sistema di silenzio-assenso ha prodotto circa 450.000 adesioni su oltre 9 milioni di iscritti alla previdenza complementare, evidenziando risultati limitati. Meccanismi di adesione automatica, se ben progettati, possono aumentare significativamente il numero di adesioni.
È anche importante rivedere l’opzione di investimento di default, attualmente rappresentata dal comparto garantito, a favore di approcci che assicurino rendimenti adeguati nel lungo termine. Ad esempio, l’introduzione di strategie di investimento life-cycle potrebbe accompagnare gli aderenti verso prestazioni adeguate, riducendo il rischio di rimanere bloccati in comparti garantiti con rendimenti limitati.
Infine, maggiore flessibilità in uscita potrebbe aumentare l’interesse verso la previdenza complementare. Attualmente, le prestazioni pensionistiche sono erogate principalmente sotto forma di rendita, ma c’è una preferenza per il capitale. Offrire la possibilità di erogare l’intero capitale accumulato potrebbe rendere più attraente l’adesione ai fondi pensione. L’opzione è già presente in altri sistemi previdenziali europei.