L’EUR/USD si avvia verso la quarta settimana consecutiva di perdite registrando la striscia più lunga degli ultimi otto mesi. Attualmente il cambio si aggira poco sopra 1,08, con il sentiment verso la valuta unica in pesante declino. Al contrario, il dollaro USA è tornato a mostrare i muscoli dopo un periodo di appannamento. Anche il mercato delle opzioni segnala poche speranze per una ripresa del “fiber” nel breve termine, con la domanda di protezione contro un calo dell’euro ai massimi da oltre tre mesi e la volatilità che negli ultimi tempi si è alzata.
EUR/USD: 2 fattori che guidano gli short sul cambio
La regressione dell’EUR/USD in questo momento può essere spiegata principalmente da due fattori. In primo luogo, l’aspettativa che la Banca centrale europea adotterà una politica monetaria di taglio dei tassi di interesse aggressiva, mentre la Federal Reserve si adagerà a ritocchi più contenuti. La ragione sta nella differenza tra le condizioni dell’economia europea e quelle dell’economia statunitense. Nel primo caso abbiamo dati macroeconomici che vanno in sintonia con un contesto di recessione. Negli Stati Uniti, invece, le letture sul fronte delle vendite al dettaglio, della produzione industriale e soprattutto del mercato del lavoro scacciano lo spauracchio di una contrazione economica.
Giocoforza, gli investitori ritengono che la BCE userà la mano pesante sul costo del denaro nella prossima riunione di dicembre. Nel mercato degli swap è scontata una probabilità del 40% di un taglio di 50 punti base, mentre solo dieci giorni fa tale rischio non era proprio contemplato. Alcuni membri del Board dell’Eurotower hanno oggi rilasciato dichiarazioni prudenti, cercando di gettare acqua sul fuoco. Sia Gediminas Simkus, governatore della Banca di Lituania, che Boris Vujcic, presidente della Banca di Croazia, hanno riferito che al momento è troppo presto per parlare di grandi tagli ai tassi a dicembre perché tutto dipenderà dai prossimi dati economici.
Allo stesso tempo, non è più previsto dal mercato alcun maxi-taglio della Fed come quello di settembre nei prossimi meeting a partire da novembre. “I tassi relativi saranno favorevoli al dollaro rispetto all’euro, indipendentemente da chi siede alla Casa Bianca”, ha detto Michael Metcalfe, responsabile della strategia macro di State Street Global Markets. “La politica monetaria relativa è ciò che guida l’andamento dell’EUR/USD”.
Proprio le elezioni americane sono attualmente l’altro fattore che sta influenzando il cambio. Gli investitori vedono un aumento delle chances che Donald Trump sia eletto come prossimo presidente degli Stati Uniti e questo avvantaggerebbe il dollaro penalizzando fortemente l’euro. Il leader repubblicano si è sempre espresso a favore di un dollaro più debole ma, a giudizio di gran parte di analisti e investitori, la sua politica commerciale sui dazi sortirà esattamente l’effetto contrario. Le tariffe infatti costringeranno gli americani a comprare prodotti nazionali diminuendo la richiesta di valuta estera. Allo stesso tempo, beni più cari provenienti dall’estero rischiano di alimentare nuovamente l’inflazione, spingendo la Fed ad alzare i tassi di interesse.
I dazi comporteranno anche una forte penalizzazione dei prodotti europei, che diventerebbero meno competitivi. Le aziende del Vecchio Continente quindi rischierebbero di vedere calare le vendite innescando una recessione dell’economia e costringendo la BCE a tagliare ulteriormente i tassi. In uno scenario di questa portata, che vede rafforzare il biglietto verde e indebolire l’euro, il cambio EUR/USD potrebbe “scendere verso la parità”, secondo gli analisti di Goldman Sachs.