L’EUR/USD viene ancora venduto nel mercato delle valute e tocca così un nuovo minimo a 0,9877, livello più basso degli ultimi 20 anni. A determinare le vendite, la decisione presa dalla Russia alla fine della scorsa settimana di chiudere a tempo indeterminato il gasdotto Nord Stream per “necessarie manutenzioni”. Il gasdotto era stato sospeso per tre giorni il 31 agosto e avrebbe dovuto essere riattivato il 3 settembre, ma nel frattempo vi è stata la decisione dei ministri del G7 di stabilire un tetto al prezzo del petrolio che potrebbe essere il preludio per un price cap anche sul gas. La chiusura dei rubinetti del gas da Mosca suona come una vera e propria ritorsione in vista del provvedimento dell’Unione europea. Del resto dal Cremlino erano giunte minacce nemmeno troppo velate: un inasprimento delle sanzioni nei confronti della Russia avrebbe scatenato la reazione, sul fronte energetico, del Paese guidato da Vladmir Putin. Tutto ciò rischia di far piombare l’Europa in una grave crisi energetica in grado di portare il Continente in recessione. Di riflesso, gli investitori hanno iniziato a vendere euro, considerata una moneta troppo fragile in questo frangente.
EUR/USD: 2 driver che possono guidare le quotazioni
La politica a livello comunitario potrebbe essere un driver importante per le future quotazioni di EUR/USD. Alcuni Paesi hanno già annunciato alcune misure durante il fine settimana per affrontare il problema del caro energia, in seguito alla decisione del gigante statale russo Gazprom di interrompere l’approvvigionamento tramite Nord Stream. La Germania ha approvato un piano da 65 miliardi di euro sottoforma di aiuti alle imprese e alle famiglie. La Svezia ha svelato un programma di emergenza da 23 miliardi di euro per le utility e la Finlandia metterà sul piatto 10 miliardi per cercare di stabilizzare il mercato dell’energia. “L’ennesimo pacchetto di stimoli dalla Germania è un tentativo di mantenere a galla la crescita, il che rende più difficili le previsioni su inflazione e lavoro per la BCE” ha affermato Piet Philip Christiansen, capo stratega di Danske Bank. L’esperto ha precisato che “l’arresto del gas è un altro colpo per le prospettive economiche europee e per l’euro, che rimarrà debole nel breve termine”.
L’attenzione degli investitori comunque sarà tutta concentrata sull’appuntamento dell’8 settembre, quando la Banca Centrale Europea deciderà sui tassi d’interesse. Quanto verrà fuori dalla riunione del Board e soprattutto dalle parole in conferenza stampa del Governatore Christine Lagarde, sarà forse decisivo per il destino della moneta unica. Gli analisti si aspettano che l’Eurotower alzi il costo del denaro di 0,5 punti percentuali, ma cresce sempre più l’aspettativa tra gli investitori che la mossa dell’istituto centrale possa essere più brutale e arrivare fino a un aumento dello 0,75%.
Come reagirà il mercato non è facile prevederlo, perché se una stretta più forte da un lato rende più conveniente l’acquisto di assets in euro, da un altro lato potrebbe dare inizio a una violenta contrazione economica in Europa. A giudizio di Su-Lin Ong, strategist sul reddito fisso presso la Royal Bank of Canada, i mercati potrebbero chiedersi quanta inflazione le Banche centrali sarebbero disposte a tollerare se le economie scivolano in recessione. “I prezzi dell’energia elevati prolungati potrebbero mitigare la misura in cui la BCE si muove sia questa settimana che nel corso del ciclo economico”, ha affermato lo stratega.
Dove arriverà il Fiber?
Continuerà la sua discesa l’EUR/USD? Il climax non è a favore del Fiber, che continua a perdere posizioni e che da inizio anno ha lasciato al mercato circa il 13% del suo valore. Per gli analisti di Goldman Sachs, il cambio scenderà a 0,97 nei prossimi tre mesi, sotto le previsioni precedenti a 99 centesimi. La banca d’affari americana prevede che il cross opererà sotto la parità per circa sei mesi, mentre prima stimava una ripresa a 1,02. La crisi energetica è al centro delle pressioni sull’euro, a parere dell’istituto finanziario, in quanto i progressi fatti in relazione all’accumulo di stoccaggio di gas in Europa, insieme alla distruzione della domanda per via dei prezzi molto alti, “non eliminano il rischio di una perturbazione più grave durante l’inverno”.