Il dollaro USA quest’anno è stato un potente fattore di determinazione dei mercati azionari. La valuta americana si è rinforzata rispetto alle principali monete mondiali, come attesta un guadagno intorno ai 10 punti percentuali del Dollar Index da inizio 2022. A spingere sul biglietto verde due grossi driver. Il primo fa riferimento all’aumento dei tassi d’interesse da parte della Federal Reserve per contenere l’inflazione USA più alta degli ultimi 40 anni. La Banca Centrale americana si è mossa in anticipo rispetto ad altri istituti centrali come ad esempio la BCE e con maggiore aggressività in confronto alla BoE. Questo ha dirottato gli investimenti verso asset denominati in dollari, in virtù di maggiori rendimenti.
Il secondo driver concerne l’incertezza economica e la paura di una recessione che hanno portato gli operatori di mercato a comprare dollari nella veste di bene rifugio. Tutto questo è stato esiziale per molte società americane che producono buona parte dei loro profitti fuori dal territorio americano. Ciò comporta che, una volta che tali guadagni espressi in valuta straniera vengono convertiti in dollari americani, si registrano delle perdite derivanti al cambio valutario. L’aspetto è molto rilevante, perché circa il 40% delle vendite delle società facenti parte dell’indice S&P 500 avviene all’estero e questo ha danneggiato notevolmente gli utili. Tra le società principali che hanno dichiarato nei risultati trimestrali di aver subito l’effetto dollaro USA figurano Alphabet, Meta, Microsoft, Bristol Myers-Squibb e Philip Morris.
Dollaro USA: segnali positivi per le azioni
Dal mese scorso le cose però hanno cominciato a cambiare e ciò fa ben sperare per le azioni quotate. Il dollaro USA infatti è sceso leggermente dal suo picco, mandando segnali che probabilmente ha esaurito la benzina dopo mesi di straordinaria forza. L’aggressività della Fed sui tassi ha fatto scendere i rendimenti dei Treasury Bond sul mercato a lunga scadenza, rendendo meno appetibili le attività in dollari.
Infatti, i rendimenti dei T-Note a 10 anni sono arretrati di circa un punto percentuale dal picco pluriennale del 3,5%, con lo spread rispetto al Bund tedesco che si è ristretto. Wall Street ne ha tratto giovamento, con l’indice S&P 500 che ha guadagnato circa il 9% da quando il biglietto verde ha iniziato a calare dal suo picco.
Tutto sta adesso a determinare se il dollaro continuerà la discesa oppure si manterrà ai livelli attuali per il resto dell’anno. Nel primo caso gli utili aziendali otterrebbero beneficio dalla componente valutaria con una crescita nei prossimi dati trimestrali, a parità di condizioni. Di conseguenza, le azioni in Borsa potrebbero trarre ulteriore spinta. Nel secondo caso viceversa i guadagni sentirebbero ancora il peso della forza del dollaro rimanendo sotto pressione, il che non sarebbe una buona notizia per le azioni.