Il dollaro USA continua a mostrare i muscoli rispetto a tutte le altre valute. Nei giorni scorsi il cambio con l’euro ha raggiunto la parità, che ora rappresenta un supporto importante. Tuttavia, la sensazione generale è che tale base non possa resistere a lungo. La situazione in Europa sfiora i confini della tragedia, a causa della guerra energetica che si sta consumando con la Russia e che rischia di far sprofondare il Vecchio Continente in una recessione molto dura.
Negli Stati Uniti la preoccupazione principale è l’inflazione, che ha raggiunto quota 9,1% con riferimento al mese di giugno, stando all’ultima lettura del Bureau of Labor Statistics. Questo implica che la Federal Reserve presumibilmente sarà ancora più aggressiva sui tassi d’interesse, mentre la Banca Centrale Europea solo la prossima settimana attuerà il primo rialzo del costo del denaro. Ma ormai non è più tanto la differenza nella politica monetaria delle due Banche centrali a determinare la debolezza dell’una valuta e la forza dell’altra. Sullo sfondo vi è l’arrivo di una recessione che potrebbe essere aspra per gli USA ma letale per l’Europa.
Il dollaro USA ha guadagnato posizioni quest’anno nei confronti di tutte le principali divise. Sullo yen, per effetto del fatto che la Bank of Japan prosegue nella sua politica di accomodamento monetaria indebolendo la moneta interna, e sulla sterlina, che risente dell’impatto sull’economia dell’alta inflazione ma anche di questioni politiche che creano instabilità.
Dollaro USA: quali conseguenze per gli Stati Uniti
Un dollaro forte ha i suoi vantaggi e svantaggi nei confronti dell’economia a stelle e strisce. Per gli Stati Uniti è importante che il biglietto verde non sia debole in rapporto all’inflazione, soprattutto in considerazione del livello raggiunto dal carovita. Con una moneta robusta si evita di aggiungere inflazione da valuta quando si acquista dall’estero. Questo è estremamente importante perché gli Stati Uniti sono un Paese che importa più di quanto esporta. Le aziende americane, inoltre, vengono messe al riparo dal costo delle materie prime necessarie alla produzione. Le commodity, infatti, essendo espresse in dollari, rappresentano un danno per coloro che devono cambiare valute nazionali con dollari per pagarle.
Ci sono però anche aspetti negativi dell’avere una moneta forte. Come sostiene Lisa Shalett, responsabile degli investimenti di Morgan Stanley, la Fed fa più fatica a raffreddare l’economia per cercare di abbassare l’inflazione. Ciò comporta che per raggiungere l’obiettivo sia necessario essere ancora più restrittivi nella politica monetaria, con il rischio di innescare una stagflazione. L’altro inconveniente riguarda le esportazioni, che diventano meno competitive danneggiando la crescita, e molte aziende americane producono gran parte degli utili all’estero espressi nelle valute locali che, convertite poi in dollari, generanno perdite notevoli nel bilancio societario.