I mercati emergenti sono sempre stati molto condizionati dal dollaro USA, legato a doppio filo alla politica monetaria della Federal Reserve. La forza del biglietto verde che si è vista in questi ultimi mesi è espressione diretta della maggiore aggressività mostrata dalla Banca Centrale, soprattutto in tema di tassi d’interesse. Quando l’istituto monetario alza il costo del denaro, aumenta il flusso di capitali verso gli assets denominati in dollari, perché rendono di più. E quest’anno la Fed per ben tre volte è intervenuta sui tassi: la prima a marzo con una stretta dello 0,25%, le seconda a maggio con una dello 0,5% e l’ultima nella riunione di giugno con un aumento dello 0,75%, il primo di questa portata dal 1994.
Da qui alla fine dell’anno, si attendono almeno altri 4 rialzi, da 0,5 a 0,75 punti percentuali, il che significa che il dollaro USA potrebbe ancora guadagnare posizioni rispetto alle altre valute. Questa non sarebbe una notizia positiva per i mercati emergenti, oltre quella derivante proprio da una restrizione monetaria che normalmente allontana il capitale dalle economie dei Paesi in via di sviluppo. Tassi più bassi infatti rendono più facile per quei Paesi finanziarsi in dollari. Viceversa, quando i tassi d’interesse crescono, il prestito diventa più oneroso e quindi l’accesso al capitale è più limitato.
Dollaro USA: ecco come può colpire i mercati emergenti
Ma in realtà, come incide effettivamente la forza del dollaro USA sulle economie emergenti, rendendone la vita più difficile? Vi sono 4 modi attraverso cui ciò può accadere. Il primo è che un dollaro più forte riduce il potere d’acquisto delle valute più deboli. E visto che la divisa statunitense è quella dominante nelle transazioni del commercio mondiale, un suo rafforzamento penalizza tutti gli operatori non USA, soprattutto quelli che sono esposti alla debolezza relativa della propria valuta.
Il secondo modo è attraverso l’onerosità dei debiti denominati in dollari dei Paesi emergenti. Quando il biglietto verde si apprezza, acquistare dollari sul mercato per onorare i propri impegni in termini di rimborso dei titoli di debito pubblico diventa più doloroso, perché occorre utilizzare una maggiore quantità di valuta domestica. Questo discorso vale in particolare per quelle Nazioni che hanno difficoltà ad accedere ai mercati internazionali finanziando il proprio debito in valuta interna.
Il terzo modo consiste nel fatto che un dollaro che si apprezza non fa molto bene alla Cina, da cui dipendono tutte le altre economie emergenti per via dei loro legami in merito alla fornitura delle materie prime e alle catene di approvvigionamento. Tutto ciò avviene attraverso due canali: uno che riguarda l’aumento del costo delle materie prime importate che incide sulla redditività delle imprese e l’altro che concerne il deflusso di capitali da Pechino.
Il quarto motivo fa riferimento all’inflazione, essenzialmente quella importata. Se il dollaro sale, i prodotti che si acquistano espressi in dollari, come le materie prime, portano a inflazionare tutto il processo produttivo, limitando quindi la crescita economica. Ancor più in un periodo storico in cui vi è una grave crisi energetica e alimentare in alcuni Paesi emergenti.