Il dollaro di Hong Kong è stato messo costantemente sotto pressione negli ultimi mesi. Sul mercato valutario i trader vendono la valuta asiatica per acquistare dollari statunitensi, che hanno un tasso di rendimento più elevato. L’Hibor, il tasso interbancario a un mese di Hong Kong è sceso dal 5,08% di dicembre al 2,4% attuale. Allo stesso tempo il Libor rende il 4,57%, marcando il più ampio spread dal 2007. Le operazioni in corso, conosciute come carry trade, hanno spinto le quotazioni del dollaro di Hong Kong verso la parte bassa della banda di oscillazione che viene mantenuta dalla Banca centrale della Città Stato. Dalla fine dello scorso anno, il dollaro HK è una delle peggiori divise del mondo rispetto al biglietto verde. Le ultime quotazioni di USD/HKD si sono attestate lievemente al di sotto di 7,85, il che costringerà l’istituto centrale a intervenire per rinforzare la valuta locale evitando il rischio di fuoriuscita dalla fascia di prezzo 7,75-7,85 in essere da 40 anni.
Dollaro di Hong Kong: torna il dibattito sull’ancoraggio
L’economia di Hong Kong gode di una liquidità abbondante, con gli investitori stranieri che continuano a depositare denaro nelle banche locali, forti anche della garanzia che l’Hong Kong Monetary Authority (HKMA) manterrà fede all’ancoraggio della moneta con il dollaro USA. Negli ultimi tempi la Banca centrale della Città Stato ha ribadito che il tasso di cambio non si sposterà dall’intervallo prefissato, sottolineando di essere ben attrezzata per affrontare gli shock esterni, grazie anche a riserve valutarie di oltre 400 miliardi di dollari.
Le garanzie dell’HKMA potrebbero però non essere sufficienti, in quanto l’attività economica di Hong Kong risulta essere abbastanza depressa. Il PIL si è ridotto del 3,5% nel 2022, segnando la terza contrazione negli ultimi quattro anni. Allo stesso tempo c’è una crisi immobiliare in corso, con i prezzi delle case che sono crollati del 16% lo scorso anno. Questo potrebbe riaccendere nuovamente il dibattito sull’ancoraggio, ora non più scontato rispetto a qualche tempo fa.
Alla fine di novembre Bill Ackman, amministratore delegato del Pershing Square Capital Management, ha fatto sapere di detenere una posizione corta sul dollaro di Hong Kong attraverso opzioni put, puntando sulla rottura del peg. A suo avviso, non ha più senso che Hong Kong, una città cinese profondamente intrecciata con l’economia della terraferma, sia legata alla politica monetaria degli Stati Uniti.
La stessa posizione è stata assunta dal gestore di hedge fund Boaz Weinstein. Il fondatore di Saba Capital Management ha avvertito che il crollo del dollaro di Hong Kong sarà solo una questione di tempo. Tuttavia i due colossi degli investimenti stanno sfidando la storia. In passato i tentativi di altri titani finanziari come Kyle Bass e George Soros si sono schiantati contro la tenacia dell’HKMA a mantenere saldo il peg. Questa sarà la volta buona? La sfida è di quelle intriganti. Il tempo ci dirà chi ha ragione.