“Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”. La legge della conservazione della massa di Antoine-Laurent de Lavoisier può essere traslata dalla chimica all’informatica. L’altra faccia delle mirabolanti possibilità dell’intelligenza artificiale è infatti rappresentata dal consumo di energia dei data center. I centri dati sono infrastrutture che permettono di raccogliere e processare migliaia di miliardi di byte che vengono prodotti ogni giorno online al fine di allenare e far funzionare l’intelligenza artificiale. Per farlo devono “trasformare” energia in operazioni informatiche.
Data center, alcune cifre sui consumi
Secondo l’International energy agency (IEA), i miglioramenti tecnologici hanno permesso al consumo energetico dei data center di mantenersi costante negli ultimi dieci anni, a fronte di una mole di lavoro cresciuta di sette volte. Tuttavia nei prossimi anni i consumi sono previsti in aumento sia a causa della crescente domanda per i servizi cloud e di intelligenza artificiale, sia per il maggiore consumo determinato dalla necessità di addestrare modelli di IA più avanzati.

SemiAnalysis, società di ricerca specializzata in ambito informatico, ritiene che la capacità di alimentazione IT critica crescerà da 49 gigawatt del 2023 a 96 nel 2026 e i carichi di lavoro legati all’intelligenza artificiale costituiranno l’85% di questo aumento. “L’intelligenza artificiale non farà che aumentare l’intensità energetica dei data center nel breve termine” spiega Mark Lacey, responsabile azionario tematico di Schroders, secondo il quale la domanda di energia elettrica associata ai centri dati è cresciuta a un tasso medio annuo del 14% tra il 2010 e il 2023, a fronte di una crescita della domanda globale di energia elettrica del 2,5% all’anno nello stesso periodo.
Allo stesso tempo i data center diventeranno sempre più numerosi. Solo in Italia entro il 2025 verranno avviati 83 progetti, secondo le stime dell’Osservatorio Data Center, mentre a livello globale Synergy research group prevede la creazione di 427 nuove strutture entro i prossimi sei anni.
“Le stime iniziali della domanda di energia elettrica determinata dall’IA oscillano tra i 300 e i 500 terawatt/ora nel 2027 e tra i 900 e i 1.000 TWh nel 2030, pari al 2% della domanda incrementale nel 2027 e il 4% della domanda incrementale nel 2030” chiude il cerchio Lacey, secondo il quale i grandi proprietari e operatori di data center, come Google, Microsoft, Amazon, Meta, Apple, Alibaba e altri, si stanno preparando a spendere miliardi di dollari per aggiungere capacità di alimentazione IT.
Alla ricerca del giusto mix energetico
In un mondo in lotta contro l’inquinamento da gas serra, rivolgersi alle energie fossili metterebbe a rischio la sopravvivenza del pianeta. Tuttavia esiste la consapevolezza che utilizzare solo energie rinnovabili non è sufficiente a soddisfare la crescita della domanda. Inoltre, come sottolinea Mark Lacey nel suo commento, i data center non si distribuiscono in modo uniforme su tutto il globo terrestre ma tendono a concentrarsi dove c’è una disponibilità di energia sufficiente e a costi inferiori.
Da questo punto di vista gli Stati Uniti rappresentano uno dei luoghi migliori dove costruire un centro dati. Il 51% della base installata di capacità risiede sul suolo statunitense mentre tutte le altre nazioni non superano il 5%. “In parte ciò è legato alla disponibilità di energia relativamente stabile, economica e a basse emissioni. In questa fase, la priorità è trovare luoghi che possano garantire una fornitura stabile di elettricità a basso costo e a bassa emissione di carbonio” scrive Lacey.
In tal senso gli Stati Uniti mostrano un corretto equilibrio nel loro mix energetico che vede il gas naturale in posizione predominante con il 40% della produzione, le rinnovabili rappresentano il 20%, il nucleare il 18% e il carbone il 16%.
“Pertanto, gli USA dovrebbero continuare a godere del loro status di luogo preferito per i data center nella prossima ondata di costruzione di centri dati per l’IA” aggiunge il responsabile azionario tematico di Schroders.
Ecco chi beneficerà dell’incremento di domanda energetica dai data center
EDP Renewables
è una società specializzata nello sviluppo di progetti eolici e fotovoltaici. È la prima elencata da Mark Lacey nel suo report. Realizza il 42% dei suoi ricavi negli Stati Uniti ma è presente anche in Europa. Ci sono poi i fornitori di impianti di produzione di energia rinnovabile e di attrezzature ausiliari, come Vestas, First Solar e Array.
Per massimizzare l’utilità della generazione di energia pulita, investimenti interessanti sono poi rappresentati dai produttori di soluzioni a batteria alimentate da celle, come Samsung CDI e CATL. Quest’ultima tuttavia è una società cinese, quindi esposta alle restrizioni commerciali che gli Stati Uniti stanno adottando.
Infine i produttori di cavi per la connessione di parchi eolici onshore e per l’espansione delle reti di distribuzione potrebbero rappresentare buone occasioni di investimento. Su questo fronte Lacey cita Nexans.