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Brasile e Argentina: arriva la moneta unica, ecco tutto quello da sapere

2025/02/18 1

Brasile e Argentina creeranno una moneta unica. I due principali Paesi sudamericani si riuniranno questa settimana in un vertice a Buenos Aires per discutere del progetto che sarà aperto ad altre nazioni latino americane, con lo scopo di dar vita al secondo blocco valutario più grande del mondo, dopo l’euro. Secondo le stime del Financial Times, una tale unione monetaria rappresenterebbe circa il 5% del PIL globale, mentre la moneta unica comprende circa il 14%. Altri blocchi, come il franco CFA, utilizzato da alcuni paesi africani e ancorato all’euro, e il dollaro dei Caraibi orientali, costituiscono una quota esigua del PIL mondiale.

Il motivo per cui viene effettuato tutto questo è per sganciare l’economia delle varie nazioni della Regione dal dollaro statunitense. La nuova valuta, che il Brasile ha suggerito di chiamare sur, dovrebbe inizialmente circolare insieme al real brasiliano e al peso argentino. Questa sarà una “moneta comune che include tutto: dalle questioni fiscali alle dimensioni dell’economia e al ruolo delle Banche centrali”, ha dichiarato il Ministro dell’economia argentino Sergio Massa. Tuttavia, ha messo le mani avanti per evitare di alimentare false aspettative precisando che si parla di una fase di studio sui meccanismi per un’integrazione commerciale. “È il primo passo di una lunga strada che l’America Latina deve percorrere”, ha detto. Tempistiche? Massa precisa che potrebbero volerci molti anni, osservando come l’Europa abbia impiegato 35 anni per creare l’euro.

 

Brasile e Argentina: i vantaggi di una moneta unica

Negli ultimi anni, Brasile e Argentina avevano abbozzato diverse discussioni sull’eventualità di creare una moneta comune, ma i colloqui non hanno avuto un esito positivo in quanto vi è stata sempre la ferma opposizione da parte della Banca Centrale brasiliana. Ora, con il leader di sinistra Ignacio Lula al comando della nazione, le probabilità sono cresciute, dal momento che anche il Presidente argentino Alberto Fernández è dello stesso schieramento politico. Lo scorso anno è apparso un articolo scritto da Fernando Haddad e Gabriel Galipolo, ora rispettivamente Ministro delle Finanze brasiliano e suo segretario esecutivo, dove veniva caldeggiata l’idea, che lo stesso Lula ha menzionato anche durante la sua campagna elettorale.

Una moneta unica potrebbe rafforzare un commercio che tra i due Paesi è molto fiorente. Basti pensare che nei primi 11 mesi del 2022, gli scambi commerciali hanno avuto un’impennata del 21% a 26,4 miliardi di dollari rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. In particolare, l’Argentina ne trarrebbe giovamento, essendo che la sua Banca Centrale stampa continuamente moneta per finanziare la spesa, il che ha portato l’inflazione quasi al 100%. Dall’ultimo default del 2020, il Paese sudamericano è stato tagliato fuori dai mercati internazionali e ha sul groppone un debito nei confronti del Fondo Monetario Internazionale di 40 miliardi di dollari, dopo il salvataggio del 2018. Questo potrebbe anche essere un freno per il Brasile, che attualmente è la più grande economia dell’America Latina. In altri termini, il Paese guidato da Lula potrebbe nutrire qualche preoccupazione dal legarsi dal punto di vista monetario a un’economia costantemente volatile.

 

Cosa pensano gli opinionisti

L’integrazione monetaria finalizzata a irrobustire l’ossatura economica della Regione è un’ipotesi suggestiva. Secondo Alfredo Serrano, un economista spagnolo che gestisce il think-tank politico regionale Celag a Buenos Aires, il vertice di questa settimana sarà importante per stabilire come fare progressi su un’unione monetaria. “I meccanismi monetari e di cambio sono cruciali. Ci sono possibilità oggi in America Latina, date le sue forti economie, di trovare strumenti che sostituiscano la dipendenza dal dollaro. Sarà un passo avanti molto importante”, ha affermato.

Tuttavia, un passaggio verso la moneta unica produce qualche scetticismo. Ad esempio Manuel Canelas, politologo ed ex Ministro del Governo boliviano, sostiene che la CELAC, fondata nel 2010 per aiutare i governi dell’America Latina e dei Caraibi a coordinare la politica senza gli Stati Uniti o il Canada, è stato “l’unico organismo di integrazione pan-regionale che è sopravvissuto negli ultimi dieci anni mentre altri sono caduti nel dimenticatoio”. Oggi però le condizioni economiche sono più difficili e i cittadini sarebbero meno entusiasti per una vera e propria integrazione. “Tutti i passi verso l’integrazione saranno certamente più cauti e dovranno concentrarsi direttamente sul fornire risultati e mostrare perché sono utili”, ha avvertito.

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