Bitcoin scivola per il terzo giorno consecutivo nel mercato delle criptovalute portandosi a ridosso di 58.000 dollari, livello minimo dal mese di febbraio. Dall’inizio dell’anno la principale valuta digitale è in guadagno ancora del 38%, ma cominciano ad affiorare dubbi che possa continuare il rally fino a nuovi record come molti avevano pronosticato. A marzo Bitcoin aveva raggiunto la vetta di 73.740 dollari a seguito dell’approvazione dei primi ETF spot sulla criptovaluta da parte della Securities and Exchange Commission a inizio anno e sulle aspettative circa l’halving che si sarebbe poi tenuto nel mese di aprile. Da allora però Bitcoin si è allontanato dal vertice e nemmeno l’approvazione del FIT21 dalla Camera del Congresso USA – con cui è stata posta la prima forma di regolamentazione crittografica – è servita a rilanciare le quotazioni.
Bitcoin: ecco perché le quotazioni stanno scendendo
Il calo degli ultimi giorni può essere frutto di tre fattori, secondo gli esperti di mercato. Il primo fa riferimento alle elezioni presidenziali americane di novembre. Gli investitori sono preoccupati per le condizioni dell’attuale presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, che sfiderà Donald Trump per la corsa alla Casa Bianca. Il duello televisivo tra i due candidati di giovedì scorso è stato disastroso per l’81 enne della Pennsylvania, che ha mostrato evidenti segnali di scarsa lucidità. Gli americani stanno mettendo fortemente in dubbio che Biden sia in grado di guidare il Paese ancora per quattro anni affrontando sfide a livello macroeconomico e geopolitico altamente impegnative. I democratici sono sotto pressione per far ritirare la candidatura ed evitare una totale disfatta alle urne. Perché tutto questo è importante per Bitcoin? Donald Trump è un sostenitore delle criptovalute e la prospettiva che si ritiri Biden per un candidato più forte potrebbe maggiormente mettere in discussione la sua vittoria. “La probabilità che un candidato democratico più forte sostituisca Biden, che potrebbe non essere pro-crypto, è un fattore”, ha affermato Richard Galvin, co-fondatore dell’hedge fund Digital Asset Capital Management.
Il secondo motivo del ritiro dei prezzi di Bitcoin è la decisione da parte del curatore fallimentare dell’exchange giapponese Mt. Gox, fallito nel 2014, di liberare 9 miliardi di dollari di Bitcoin intrappolati per un decennio, a partire da questo mese. Questo significa che molti creditori si ritroveranno nel portafoglio le loro monete virtuali, con un guadagno potenziale enorme. Infatti, avevano comprato Bitcoin a circa 600 dollari 10 anni fa e ora potrebbero vendere a quasi 10 volte di più ai prezzi attuali. Non è difficile immaginare che, tolti gli strenui appassionati della criptovaluta, una buona parte passerà alla cassa e questo giocoforza creerà qualche scossone ai prezzi. Alcuni investitori temono tale eventualità e quindi hanno preferito sbarazzarsi almeno di una quota degli investimenti in Bitcoin. “Una delle ragioni principali nel breve termine per la debolezza di Bitcoin si riferisce a Mt. Gox”, ha detto Galvin.
Il terzo fattore è la difficoltà attuale dei miner dopo l’halving di aprile. In sostanza, il dimezzamento della quantità di monete estratte ha fatto diminuire le ricompense delle aziende che estraggono Bitcoin, ancor più che la quantità di energia consumata ha raggiunto livelli esorbitanti. Tutto ciò ha messo gli estrattori in una condizione di scarsa liquidità, per cui la risposta è stata di vendere una parte del loro inventario di BTC. “Bitcoin continua a combattere con la pressione di vendita dei miner”, ha scritto Noelle Acheson, autrice della newsletter Crypto Is Macro Now.