A ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. Il terzo principio della Dinamica vale anche nel settore degli investimenti ESG, almeno nella sua prima parte. È vero, infatti, che ogni scelta di investimento produce una conseguenza e questa può essere positiva, negativa o entrambe le cose. In particolare quando si parla di investimenti ESG. Un tema che la normativa Sustainable Finance Disclosure Regulation (SFDR) ha preso in considerazione richiedendo agli asset managers di comunicare gli effetti avversi – principal adverse impact o PAI – delle loro scelte di investimento. Il regime PAI è in vigore da aprile 2022 ma i gestori e i consulenti sono stati chiamati a pubblicare per la prima volta le proprie relazioni, utilizzando le linee guida del regolatore, solo dal 30 giugno 2023.
Ancora pochi gli asset managers che comunicano i PAI
Gli impatti avversi principali sono gli effetti negativi sui fattori di sostenibilità causati dalle decisioni di investimento. La SFDR ne individua 64, di cui 18 devono essere divulgati obbligatoriamente mentre i restanti solo su base volontaria. Gli indicatori coprono una serie di fattori ESG, tra cui le emissioni di carbonio, l’esposizione ai combustibili fossili, i livelli di rifiuti, la diversità di genere, i diritti umani e l’esposizione alla corruzione e alle concussioni.
Main Street Partners ha condotto una ricerca sui fondi che hanno riportato secondo gli standard dell’ESG European Template (EET) a inizio giugno 2023, prendendo in considerazione 157.487 prodotti (ISIN) e quattro PAI obbligatori selezionati per lo studio:
- Emissioni totali di gas serra;
- Rifiuti pericolosi;
- Diversità nel consiglio di amministrazione;
- Divario retributivo di genere.
Dai risultati della ricerca emerge come siano una minoranza, circa 40.000 ISIN, i fondi che richiedono alle aziende informazioni su questi quattro principal adverse impacts e che siano ancora meno (35% circa) i fondi che comunicano questi dati all’esterno, favorendo in tal modo la trasparenza. La media è abbassata dal risultato ottenuto sul metro di misura della diversità di genere nei consigli di amministrazione dove solo un terzo dei fondi considerati effettuano una disclosure.
Per quanto riguarda i parametri applicabili agli investimenti in fondi sovrani e sovranazionali, Main Street Partners ha considerato le violazioni sociali e l’intensità di emissione di gas serra, ottenendo rispettivamente percentuali del 24% e del 31%.

Le difficoltà e i vantaggi della disclosure dei PAI
La percentuale ancora limitata di fondi che raccolgono informazioni sugli effetti avversi principali e le comunicano è dovuta anche alla difficoltà di ottenere questo genere di dati. Secondo gli analisti di Main Street Partners questo rappresenta un ostacolo significativo visto che solo una bassa percentuale di società riporta dati relativi a rifiuti tossici e divario retributivo.
A ciò si aggiunge la variabilità dei dati a seconda del fornitore che, da quanto emerso, può andare da differenze del 10% fino al 50%. “Per affrontare questa sfida – commentano gli analisti di Main Street Partners – occorre interagire con i fornitori di dati, comprendere a fondo le loro metodologie, verificare la qualità del loro lavoro e selezionare con attenzione i dati più accurati e affidabili per la rendicontazione dei PAI. Solo attraverso robusti e affidabili processi di verifica si può minimizzare le attuali problematiche e anticipare trend di sostenibilità del mercato”.
Un percorso difficile ma in grado di offrire vantaggi crescenti ai gestori di fondi. Non solo gli asset manager dimostrerebbero la loro osservanza delle normative in materia ESG ma anche la volontà di impegnarsi per risolvere gli effetti sociali e ambientali negativi derivanti dai loro investimenti. Ne trarrebbe giovamento l’immagine e la fiducia degli investitori.