Nel panorama energetico globale, l’energia nucleare sta vivendo una rinascita, riacquistando importanza come elemento chiave per raggiungere gli obiettivi di emissioni zero. Questa tendenza è emersa dopo che numerosi governi hanno riconosciuto la necessità di integrare l’energia atomica nelle loro strategie di transizione energetica. Tuttavia la ripresa dell’energia nucleare pone l’attenzione su un problema cruciale: l’approvvigionamento di materia prima, l’uranio.
Uranio: nel 2024 previsto un deficit di approvvigionamento
Durante la recente COP28, ben 22 Paesi hanno annunciato il loro impegno a triplicare la capacità energetica nucleare entro il 2050. Questa decisione è stata motivata dalla necessità di garantire la sicurezza energetica, specialmente in un contesto geopolitico instabile, come dimostrato dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.
L’energia nucleare, essendo la forma di energia più affidabile, si presenta come un pilastro fondamentale per garantire una transizione verso fonti più sostenibili. Inoltre, le minori emissioni di CO2 per gigawattora la rendono una scelta attraente per affrontare la crisi climatica. “Materia prima fondamentale per il funzionamento di questa fonte energetica è l’uranio, da tempo in deficit di approvvigionamento” commenta Tom Bailey, responsabile della ricerca di HanETF, che cita le previsioni della World Nuclear Association, secondo cui per il 2024 il fabbisogno globale della materia prima sarà di 180 milioni di libbre contro una produzione prevista a 140 milioni.
“Questo gap – riprende Bailey – sarà coperto dalle forniture secondarie e dalle scorte detenute dalle utility. Si prevede inoltre che il fabbisogno annuo aumenterà a 300 milioni di libbre entro il 2040, con oltre 150 nuovi reattori in costruzione. Per queste ragioni, sono oggi diverse le miniere inattive che stanno venendo rimesse in funzione”.
Le pressioni al rialzo sui prezzi dell’uranio si sono fatte sentire nella prima parte dell’anno. Le quotazioni hanno toccato i 106 dollari a inizio mese. Sono state seguite da una rapida correzione che le ha riportate a 95 dollari ma nel complesso la performance della materia prima nel 2024 rimane positiva (+4%). Per il responsabile della ricerca di HanETF con l’aumento dei prezzi le società estrattrici sono ben posizionate per generare interessanti profitti nel momento in cui la produzione mineraria aumenterà.
Favoriti i produttori “junior”, ecco l’ETF per investirvi
Secondo Bailey potrebbero essere le società estrattrici di uranio di dimensioni medie e piccole a beneficiare dell’aumento dei prezzi dell’uranio. “Mentre molte delle società produttrici più grandi hanno già contrattato la loro produzione futura a prezzi di mercato più bassi – spiega – così non è per i junior, la cui futura produzione ha il potenziale per essere venduta sul mercato ai prezzi attuali o, addirittura, a quelli di eventuali ulteriori rialzi”.
Sulle società di piccole e medie dimensioni nell’industria estrattiva dell’uranio si concentra l’ETF Sprott Junior Uranium Miners UCITS ETF, quotato su Borsa Italiana da HANEtf e Sprott AM. Il nuovo prodotto, identificato dall’ISIN IE00075IVKF9 e dal ticker URNJ, ha un Ter annuo dello 0,85%.