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Cripto-attività: con la MiCAR, ultima chiamata per le banche – BorsaNews24

2025/02/18 3

Il 20 aprile 2023 il Parlamento europeo ha approvato la MiCAR (Market in crypto-assets regulation), la normativa che ha l’obiettivo di creare un quadro europeo per le cripto-attività e che è entrata in vigore a giugno di quest’anno. Insieme al via libera e al successo degli ETF su Bitcoin ed Ethereum spot negli Stati Uniti, l’avanzamento legislativo nell’Unione europea segna un grande passo verso la “normalizzazione” dell’universo delle criptovalute e toglie uno degli ostacoli più rilevanti allo sviluppo di un’offerta di asset cripto da parte del mondo bancario.

Per Luciano Serra, country manager Italia di Boerse Stuttgart Digital (“Borsa di Stoccarda Digital”), “l’approvazione della MiCAR è uno spartiacque importante, in quanto elimina uno degli aspetti che hanno limitato finora l’interesse del settore bancario a lanciare servizi in cripto-attività”. In questa intervista a Luciano Serra, Borsa&Finanza ha approfondito il rapporto delle banche con il mondo cripto.

 

Boerse Stuttgart Digital offre tutti i servizi che compongono la catena del valore delle cripto-attività, dal trading alla custodia. In Italia è presente da nove mesi circa e ha come target di clienti le istituzioni finanziarie. Da questo punto di osservazione privilegiato, che atteggiamento riscontra verso le cripto-attività?

“Finora soltanto pochi istituti si erano mossi avviando progetti e sperimentazioni sui cripto-asset. L’approvazione della normativa MiCAR ha suonato la carica per gli istituti bancari, che hanno capito che ormai è necessario prepararsi per l’entrata in vigore a fine anno. Il cambiamento di interesse c’è stato e credo che il 2025 sarà un anno in cui le banche più innovative entreranno sul mercato e inizieranno a costruire i loro servizi sugli asset cripto”.

 

Quindi le banche, dopo le resistenze iniziali, hanno capito che è un trend inevitabile?

““Nel 2024 ci sono stati segnali fortissimi, per esempio il successo degli ETF su Bitcoin spot lanciati negli Stati Uniti. È stato l’ETF di maggior successo mai lanciato sul mercato. Con il suo ETF BlackRock ha raccolto 19 miliardi di dollari ad oggi, e nei primi tre mesi oltre il 50% della raccolta complessiva fatta da BlackRock è stata su quell’ETF. Si potrebbe dire che in quei mesi BlackRock è stata una crypto-company”.

 

Rimangono altri ostacoli all’adozione dei cripto-asset da parte del mondo bancario?

“Lato offerta rimane il problema di trovare le conoscenze e le capacità interne ai gruppi bancari per poter operare con consapevolezza e con tutte le risorse e competenze necessarie. Lato domanda, specularmente, c’è un tema di formazione. Come ha messo in luce la ricerca che abbiamo realizzato con l’Osservatorio Blockchain & Web3 del Politecnico di Milano che abbiamo presentato a Milano – (“Digital asset e blockchain: le opportunità per il settore finanziario italiano” n.d.r.) – c’è un differenziale molto importante tra la competenza dichiarata e la competenza effettiva del pubblico dei consumatori. Un gap che esiste anche sui temi della finanza tradizionale ma che, in virtù della complessità del prodotto cripto, è ancora più rilevante”.

 

Come si affronta questo problema di competenze?

Le banche devono svolgere un ruolo centrale. Avere una controparte di fiducia, come sono gli istituti bancari, che possono operare una selezione anticipata tra le migliaia di token e mettere a disposizione dei loro clienti solo quelli migliori, più sicuri, sarebbe molto importante. Un po’ come facciamo già noi per i nostri clienti, sia retail che istituzionali, ai quali mettiamo a disposizione 28 criptovalute selezionate dopo un processo approfondito di due diligence”.

 

Quali ragioni possono invece favorire l’adozione dei cripto asset da parte delle istituzioni bancarie?

“Ormai una banca non può permettersi di rimanere fuori da questo mercato. Se non dovesse erogare i servizi cripto ormai richiesti dalla clientela, quest’ultima potrebbe rivolgersi a un altro intermediario che li offre. La competizione, in questo campo, non è solo italiana. Non si tratta di sportelli fisici. La competizione è europea. Per avere accesso ai cripto asset un cliente potrebbe rivolgersi anche a una banca spagnola o tedesca e quest’ultima poi gli offrirebbe un pacchetto completo, comprensivo di conto corrente tradizionale. Oltre a questa motivazione difensiva, ce n’è anche una di opportunità: fare cross-selling sui propri clienti offrendogli un servizio aggiuntivo e attirare i clienti di banche che il servizio ancora non lo offrono. Le criptovalute e le blockchain che le generano sono un’onda tecnologica che ormai è partita da 15 anni. Nei prossimi anni ci sarà una tokenizzazione di tutte le security, azioni, obbligazioni, fondi comuni e altri titoli. Rimanere fuori dalle cripto-attività vuol dire perdersi un treno tecnologico che non ripasserà”.

 

Rimane il fatto che sviluppare una struttura e delle competenze interne adeguate, per chi non lo abbia ancora fatto, è molto oneroso.

“Sì, è molto oneroso sia in termini di costi che di tempi. Se una banca si mettesse a costruire una struttura interna oggi con l’obiettivo di proporre il proprio servizio nel 2027, sarebbe già in ritardo rispetto al mercato. Per abbreviare i tempi e ridurre i costi le partnership sono la scelta migliore che una banca può fare. Meno costosa, più veloce, meno rischiosa e che consente di beneficiare delle economie di scala. Da questo punto di vista noi possiamo supportare le banche su tutta la catena del valore delle cripto-attività. Disponiamo di servizi di trading multilaterale che consentono ai clienti di comprare e vendere criptovalute, possiamo noi stessi vendere e comprare criptovalute per i clienti che vogliono operare in questo mercato, offriamo la custodia per le criptovalute e operiamo anche nello staking, consentendo ai clienti di mettere a reddito le criptovalute delle blockchain che operano con il protocollo proof of stake”.

 

Oggi vi rivolgete, in Italia, a clienti istituzionali e potete essere tra i partner principali delle banche che vogliono sviluppare un servizio di cripto-asset per i loro clienti. Pensate di offrire anche un servizio di investimento diretto alla clientela retail in futuro?

“Noi abbiamo iniziato, nel 2019, operando sulla clientela retail a livello tedesco e poi europeo. Negli ultimi due anni abbiamo virato sulla clientela istituzionale perché abbiamo capito che c’è una domanda latente del cliente bancario per le cripto-attività. Oggi siamo focalizzati sulla clientela istituzionale in Italia e non abbiamo in programma alcuna azione sulla clientela retail. Ciò non toglie che con la licenza MiCAR, nel 2025 potremmo decidere di spostarci anche sulla clientela retail in Italia e negli altri mercati in cui dovessimo decidere di entrare. Non abbiamo alcuna preclusione sul retail ma al momento preferiamo concentrare gli sforzi dove riteniamo più utile, ovvero supportare le istituzioni nell’ingresso nel mercato degli asset cripto”.

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