Le turbolenze finanziarie che si sono verificate nell’ultimo mese potrebbero portare a un vero e proprio credit crunch nel sistema bancario internazionale. Il fallimento di tre grandi banche americane (Silvergate Bank, Silicon Valley Bank e Signature Bank) e il salvataggio di emergenza di Credit Suisse mediante la fusione con il rivale di sempre UBS hanno determinato un clima di grande incertezza, soprattutto negli istituti di credito più piccoli. La situazione critica ha attivato le autorità regolamentari per fornire la liquidità necessaria e far fronte alla continua fuga dei depositi, evitando altri collassi.
Questo per alcune settimane ha riportato un’apparente calma, ma l’ultima trimestrale di First Republic Bank ha rinnovato i timori. La banca di San Francisco aveva già ottenuto un sostegno di 30 miliardi di dollari da parte di 11 grosse aziende di credito circa un mese fa. Ciò non è stato sufficiente a impedire un deflusso shock di 100 miliardi di dollari nei primi tre mesi dell’anno. Ora si discute di un piano di salvataggio o di altre soluzioni, come la vendita di asset e la costruzione di una bad bank per impedire il dissesto. Il problema è l’effetto che un’escalation eventuale potrebbe avere sulle altre banche.
Credit crunch: per Pictet non ci sarà taglio dei tassi
In una situazione del genere è pensabile che il denaro fluisca con facilità? Secondo un rapporto realizzato da Pictet Asset Management, le banche medio-piccole negli Stati Uniti rimangono vulnerabili ed è molto probabile che i risparmiatori parcheggino i loro soldi presso istituti più grandi e attrezzati, o quantomeno spostino il denaro in asset a rendimenti più elevati.
In questo contesto, tali banche sarebbero indotte a “inasprire i loro standard creditizi“, dando vita a un credit crunch effettivo. Gli strateghi di Pictet sottolineano come la Federal Reserve abbia reagito con prontezza alla crisi bancaria, con prestiti di emergenza che hanno messo a disposizione liquidità per circa 400 miliardi di dollari. Tuttavia, “data la persistenza della pressione inflazionistica e il grado di resilienza dell’economia, i nostri modelli valutano estremamente irrealistiche le attese di mercato circa un taglio dei tassi della Fed (fino a 100 punti base quest’anno e per altri 100 punti base entro il 2024)”, hanno scritto gli esperti.
Pictet disegna uno scenario non troppo sereno anche per l’Europa, sebbene “il comparto finanziario della regione dovrebbe reggere meglio della controparte statunitense, grazie all’abbondante cuscinetto di capitale e liquidità di cui dispongono le banche europee”. Ciò nonostante, anche nel Vecchio continente dovrebbe materializzarsi una situazione di credit crunch, “parallelamente ai rialzi dei tassi della Banca Centrale Europea volti a controllare le forti e ostinate pressioni sui prezzi”, hanno scritto gli strategist.
Janus Henderson vede aumento delle insolvenze
Lo studio di Pictet è in linea con l’ultima analisi effettuata da Janus Henderson Investors, secondo cui è in corso un “deterioramento dell’accesso al capitale”. Gli esperti ritengono che “il ciclo del credito continuerà a ridimensionarsi nei prossimi mesi, con un’ulteriore volatilità degli spread creditizi”. La società finanziaria pone l’accetto sul fatto che i criteri di garanzia si siano inaspriti negli ultimi nove mesi e la recente crisi bancaria abbia reso ancora più forte la restrizione al credito.
Nel quadro che si è delineato giocano un ruolo importante le insolvenze, che “negli ultimi due o tre anni sono state praticamente inesistenti”, ma che ora sono “destinate a peggiorare”. Di quanto dipenderà dal fatto che la BCE, nel suo tentativo di gestire l’inflazione, si trovi ad affrontare un atterraggio duro o morbido, scrivono gli analisti dell’asset manager. A loro avviso, l’eventualità di un atterraggio morbido è quello più probabile e sarà combinato con un “picco di inadempienze nei prossimi sei mesi”. L’aumento delle insolvenze comunque porterà “le società esposte a rischi di finanziamento e a tassi più elevati” a faticare maggiormente. Tuttavia, “gran parte del mercato corporate è ben isolato da qualsiasi risultato economico, a meno di un significativo atterraggio duro”, sottolineano da Janus Henderson.