Gennaio non è stato un mese buono per gli investimenti. Il crollo delle quotazioni nel mese appena trascorso ha messo fortemente in discussione la classica strategia di portafoglio 60/40, ovvero 60% azioni e 40% obbligazioni. L’indice S&P 500 ha terminato gennaio con un calo del 5,3% trascinando al ribasso l’indice Bloomberg 60/40 che ha perso il 4,2%. Quest’ultimo ha realizzato il peggior risultato da marzo 2020, quando in piena pandemia naufragò del 7,7%.
A cosa è da attribuire questo calo è presto detto: la Federal Reserve è diventata talmente aggressiva nell’approccio all’economia che ora il mercato si aspetta per il 2022 da 5 a 7 aumenti dei tassi di interesse. Una cosa che era inimmaginabile solo fino a qualche mese fa, quando Jerome Powell continuava a ripetere che l’inflazione fosse solo un fenomeno temporaneo e che prima del 2023 non si sarebbe visto alcun intervento sul costo del denaro.
Il quadro generale però si è evoluto con troppa velocità, con l’inflazione che ha avuto un’accelerazione tale che rischierebbe di sfuggire di mano. Allo stesso tempo il grande obiettivo della piena occupazione fissato dalla Banca Centrale americana è quasi alle porte e forse per il Governatore di Washington quello di recuperare i milioni di posti di lavoro sterminati durante la pandemia non è più un problema impellente.
Strategia 60/40: in questo momento non funziona
L’inasprimento della Fed è un fattore che non può essere paragonato con altri nel determinare il cambio di umore e di posizioni da parte degli investitori. Nel 2018 quando l’istituto centrale a stelle e strisce attuò una serie di strette sui tassi, l’indice Bloomberg 60/40 cadde del 2,3%, facendo registrare la perdita annuale più corposa dopo quella del 2008.
Questo è un modello molto utilizzato dai fondi pensionistici americani in particolare e che ha restituito dagli inizi degli anni ’80 un rendimento medio annualizzato del 10%; il che significa che in contesti normali la strategia funziona. Il punto di forza sta nell’equilibrio e nella diversificazione. La componente obbligazionaria è di alta qualità e ha fatto sempre da tampone quando gli eccessi di volatilità hanno messo sotto pressione i titoli azionari. Alla fine le oscillazioni negative sono sempre state di breve durata.
C’è da dire però che dopo la Grande Crisi del 2008 il contesto economico è stato contrassegnato da bassa inflazione e tassi d’interesse ai minimi termini, il che ha favorito un mercato azionario in costante rialzo. Le azioni sono state il cuore pulsante del portafoglio per tutti questi anni, con il risultato che alla fine del 2021 le valutazioni hanno raggiunto livelli troppo elevati rispetto ai fondamentali.
Investimenti: 3 modi per allontanarsi dal modello 60/40
Ora che il contesto è plasmato su un clima di inflazione rovente cosa bisogna fare con i propri investimenti? È divenuto evidente che il modello in questo momento non funzioni più bene come prima e non può essere replicato allo stesso modo. Gli approcci possono essere diversi per allontanarsi da questa strategia.
Il primo sarebbe quello di ridurre il numero di titoli a reddito fisso che non seguono le dinamiche dei prezzi. La ragione è che l’inflazione abbassa il rendimento reale erodendo il valore di portafoglio. Il secondo consiste nell’effettuare una migrazione dalle azioni USA a grande capitalizzazione, che stanno soffrendo le aspettative sul rialzo dei tassi, ad azioni di società europee o asiatiche dove ancora le rispettive Banche centrali sono più accomodanti. Un terzo approccio può essere quello di puntare sul debito privato di mercati in forte espansione, cercando attività poco correlate con le azioni e obbligazioni quotate in Borsa.
Anthony Saglimbene, stratega del mercato globale di Ameriprise Financial, ha dichiarato che l’approccio della società è quello di investire in azioni che pagano dividendi, diminuendo nel contempo il peso delle obbligazioni all’interno dei propri investimenti. Alex Saunders, strategist di Citigroup, invece sostiene che in una situazione in cui la crescita rallenta e l’inflazione si mantiene alta, la strategia migliore è la riallocazione del portafoglio 60/40, con maggior peso su immobili, azioni di qualità, fondi di futures e strategie carry che permettono di ottenere rendimenti più solidi, limitando la volatilità.