Il prossimo anno l’inflazione dovrebbe normalizzarsi mentre l’economia USA e quella europea affronteranno una leggera recessione. In questo contesto le Banche centrali ridurranno i tassi di interesse. Come conseguenza sui mercati finanziari arriverà il momento di allungare la duration sulle obbligazioni mentre la ricerca di qualità sulle azioni rimarrà un must. Grosso modo erano queste le previsioni degli analisti a fine 2022 per il 2023. Non è andata proprio così, con le economie che hanno dimostrato una resilienza più forte delle attese per non parlare della variabile inflazionistica. La conseguenza è stata la volatilità sui mercati finanziari che continuerà a rimanere anche nel 2024.
Previsioni da buttare via? No, perché rimangono valide per il 2024. I processi in corso nel 2023, infatti, proseguiranno nel nuovo anno portando finalmente alla recessione Stati Uniti ed Europa. “A fine 2023 ci ritroviamo più o meno con le stesse sensazioni che avevamo a inizio 2024” ha spiegato Gianluca Ungari, head of portfolio management Italy di Vontobel, nel corso della presentazione dell’outlook della società di investimenti. “Arriverà la recessione – ha ripreso – e l’azionario dovrebbe rimanere favorito sull’obbligazionario”.
Fare previsioni, tuttavia, è più difficile che mai a causa dell’ingente liquidità immessa dalle Banche centrali e dai governi nel sistema economico nel corso degli anni passati. “Parte di questa liquidità è ancora in circolazione – ha commentato Ungari – e ciò contribuirà a rendere il quadro economico meno negativo nel 2024 insieme alla crescita della produttività”.
Inflazione finalmente al 2%, le Banche centrali tagliano i tassi
Tra i principali obiettivi 2023 che verranno raggiunti nel 2024 c’è la normalizzazione dei prezzi al consumo al 2% e la riduzione dei tassi di interesse da parte delle Banche centrali. Per quanto concerne l’inflazione, secondo Ungari bisognerà aspettare la fine del 2024 o l’inizio del 2025 per raggiungere il target ma “la politica monetaria delle Banche centrali sta funzionando bene e lo si vede nella discesa degli indici di inflazione in tutte le loro componenti”.

Il calo dell’inflazione, associato alla debolezza economica che sfocerà in una recessione, permetterà alle Banche centrali di ridurre i tassi di interesse. Attualmente le curve dei tassi di interesse negli Stati Uniti e in Europa scontano 100 punti base di taglio dei tassi di interesse nel 2024.
La riduzione dei prezzi al consumo, tuttavia, non sarà lineare. Secondo Matthew Benkendorf, direttore degli investimenti Vontobel Quality Growth, “esiste il rischio che i tassi di interesse rimangano elevati più a lungo” una possibilità più volte sottolineata dai banchieri centrali. Come conseguenza “l’inflazione potrebbe diventare più volatile e così i tassi di interesse”. Per questa ragione Ungari predica prudenza nella gestione della componente obbligazionaria dei portafogli di investimento.

Il dilemma delle obbligazioni: inflazione al 2% o al 3%?
Nelle ultime settimane sui mercati finanziari si è assistito a un rally delle obbligazioni, con una discesa dei rendimenti e un aumento delle quotazioni. Tuttavia non bisogna dimenticare quanto accaduto solo poche settimane prima quando i bond sono stati protagonisti di un movimento opposto nel momento in cui gli investitori hanno realizzato che la Fed avrebbe tagliato i tassi di interesse solo due volte nel 2024.
“Anche per via di una politica fiscale espansiva e della molta liquidità ancora nel sistema, restano alcuni elementi di incertezza. A partire da tempistiche ed entità dei tagli ai tassi operati dalle Banche centrali e con la variabile elettorale – elezioni USA – che potrebbe spingere la Federal Reserve a limare i costi del denaro prima e in misura maggiore di quanto previsto” ha commentato Ungari. In questo contesto una strategia bilanciata di portafoglio potrebbe non funzionare.
“È importante capire dove si stabilizzerà l’inflazione, se al 2% o al 3%, perché ciò influisce sulla costruzione dei portafogli – ha continuato il responsabile delle gestioni di portafoglio -. “Con un’inflazione al 3% la correlazione tra azioni e obbligazioni è quasi sempre positiva e in questi casi il portafoglio bilanciato classico non funziona. Aggiungere duration al portafoglio in queste condizioni non serve e l’obbligazionario deve essere pensato come una componente che aggiunge rischio al portafoglio e non il contrario”. Per Vontobel una duration sui 3-4 anni è al momento sufficiente e solo al manifestarsi di dinamiche recessive evidenti si potrà pensare di allungarla. Anche perché i tassi di interesse, secondo l’asset manager svizzero, non verranno toccati nei primi tre mesi dell’anno.
La vastità del mercato obbligazionario, tuttavia, permette di trovare opportunità anche in uno scenario complesso. In particolare, secondo Mondher Bettaieb-Loriot, responsabile Corporate bond di Vontobel, l’ambito corporate dell’eurozona offre rendimenti interessanti con un rischio contenuto grazie alla possibilità di diversificazione. “Le cedole che vengono distribuite oggi sono elevate, circa il 5% per gli emittenti investment grade e fino al 9% per le emissioni subordinate. Sono rendimenti elevati che oggi abbiamo la possibilità di fissare per il lungo termine”. Inoltre, ha aggiunto Bettaieb-Loriot, “è possibile diversificare su numerosi Paesi e settori economici, evitando di limitarsi ai pochi emittenti governativi investment grade disponibili”. Senza dimenticare il guadagno in conto capitale che oggi può essere realizzato acquistando obbligazioni sotto la pari e sfruttando la fine del ciclo restrittivo di politica monetaria.
L’impatto della recessione sui mercati finanziari
La politica monetaria restrittiva delle Banche centrali sta funzionando e lo vediamo sia nell’arretramento dell’inflazione che nel rallentamento dell’economia. Secondo il Leading indicator elaborato da Vontobel, i Paesi sviluppati sono già in area di contrazione, ossia sotto la soglia dei 50 punti, mentre sono in risalita gli emergenti. “Nei Paesi sviluppati siamo in una fase di contrazione della liquidità – ha spiegato Ungari – e ciò rende probabile la recessione”. Ci sono anche altri fattori che sostengono l’ipotesi recessiva: l’inversione della curva dei rendimenti e il livello di sotto occupazione, per esempio. Mettendo insieme tutti questi fattori gli analisti di Vontobel prevedono una recessione lieve negli Stati Uniti nel corso del secondo trimestre del prossimo anno.
“Gli investitori dovranno affrontare rischi continui nel 2024: l’economia potrebbe andare incontro a una recessione, i consumi statunitensi saranno sotto pressione, gli utili societari subiranno probabilmente una diminuzione e la variabile geopolitica potrebbe esercitare una maggiore influenza” ha sintetizzato Matthew Benkendorf che procede poi a individuare gli spazi di opportunità di investimento sui mercati finanziari.

“A nostro avviso, i settori della sanità, dei beni di consumo e della tecnologia continuano a offrire opportunità. Nonostante l’intelligenza artificiale (AI) sia stata un importante fattore di crescita dei rendimenti azionari nel settore tecnologico quest’anno, riteniamo che l’entusiasmo per le società che possono trarre vantaggio dall’AI generativa dovrebbe essere accompagnato da una rigorosa disciplina di valutazione”.
Un’affermazione su cui concorda Gianluca Ungari che ha sottolineato che “le valutazioni odierne sul mercato azionario USA sono inferiori solo a quelle della bolla delle dot.com e del 1929. Tuttavia più del 70% della performance è ascrivibile alle 7 Big tech, alcune delle quali trattano a multipli elevatissimi. Questo significa che non tutto il mercato è costoso”. La selezione attiva rimane fondamentale per trovare le opportunità di investimento in attesa della recessione quando, di solito, lo scenario migliora per tutto il mercato azionario.
“Crediamo che le società sostenibili di alta qualità, che offrono protezione contro l’inflazione e una crescita degli utili prevedibile, possano essere più interessanti anche dei titoli a reddito fisso che attualmente generano rendimenti più elevati. Inoltre continuiamo a individuare opportunità negli Stati Uniti, che rimangono una realtà vitale per imprenditorialità e formazione di nuove imprese“ è la conclusione di Benkendorf.