La Federal Reserve taglierà i tassi di interesse meno rispetto alle altre principali Banche centrali, ha affermato la società di investimento americana PIMCO. Il motivo principale consiste nel fatto che negli Stati Uniti i mutui per la casa sono per lo più a tasso fisso rispetto a quanto accade in altri Paesi e ciò ha permesso agli acquirenti di case di bloccare i tassi quando erano bassi per un lungo periodo. Di conseguenza l’economia americana è stata in qualche modo protetta quando la Fed ha dato vita al più aggressivo ciclo di inasprimento monetario degli ultimi 40 anni.
Come conseguenza la Banca centrale americana ha meno necessità di allentare la politica monetaria rispetto alle sue colleghe, mentre nelle economie in cui i mutui a tasso variabile sono più diffusi i costi di finanziamento peseranno di più sulla crescita e sull’inflazione nei prossimi due anni. Giocoforza, a parere di PIMCO, le Banche centrali di questi Paesi dovranno allentare la presa in maggior misura. “Il tema comune in questo caso è che i mercati ipotecari sono molto più reattivi ai rialzi dei tassi”, ha affermato Andrew Balls, direttore degli investimenti di PIMCO International Bond Fund.
Tassi di interesse: la Fed ha bisogno di vedere un rallentamento dell’economia
Il mercato attualmente sta scontando un taglio da 150 ai 170 punti base da parte di ciascuna delle seguenti Banche centrali: Federal Reserve, Bank of England, Banca centrale europea, Bank of Canada e Reserve Bank of New Zealand. Tuttavia i trader stanno cominciando ad abbassare le probabilità, attraverso il mercato degli swap sui tassi, che la Fed si muova presto e soprattutto rispetti il numero di tagli finora dichiarati. Questa settimana alcuni membri del FOMC hanno ribadito i tre tagli annunciati dall’istituto monetario americano, ma hanno anche sottolineato che l’inflazione non è sconfitta e che la Banca centrale non ha alcuna fretta di attuare una svolta accomodante.
Il fatto è che l’economia USA continua a crescere senza dare segnali di rallentamento, a differenza di quanto accade in altri Paesi. “Gli Stati Uniti devono ancora vedere un rallentamento dell’attività, mentre altrove questo rallentamento si è già visto”, ha detto Balls. Tutto ciò si accompagna all’inevitabile dinamica dell’inflazione. L’ultima lettura in USA ha mostrato un indice dei prezzi al consumo ancora ben lontano dall’obiettivo di lungo periodo del 2%. Viceversa in Europa il carovita ha rallentato mentre l’economia viaggia accanto alla linea di recessione.
Proprio stamattina sono usciti i dati sull’inflazione a marzo in eurozona. L’indice dei prezzi al consumo si è attestato al 2,4%, al di sotto del 2,5% atteso dagli analisti. Ormai il target del 2% è a un passo e molto probabilmente la BCE farà il primo passo a giugno. Tuttavia l’Eurotower ha bisogno ancora di alcuni dati importanti, soprattutto sul fronte occupazionale, per assicurarsi che non siano in atto spirali inflazionistiche che potrebbero rendere vano il lavoro fatto finora per abbassare il costo della vita. L’inclinazione del Consiglio direttivo è per un taglio in tempi rapidi, come ha confermato addirittura uno dei falchi più aggressivi del board, il governatore della Banca centrale austriaca Robert Holzmann.