Nel 2001 l’economista e attuale amministratore delegato di Eurizon Capital, Stephen Jen, inventò insieme agli allora colleghi di Morgan Stanley la teoria del Dollar Smile per spiegare i movimenti del dollaro USA. Oggi tale tesi è quanto mai attuale, con gli investitori che si chiedono circa il destino del biglietto verde nel prossimo futuro.
La moneta americana ha realizzato grandi performance nel 2022 rispetto a tutte le principali valute a livello mondiale. Il motivo risiede principalmente nel fatto che la Federal Reserve ha aumentato i tassi d’interesse a ritmo costante e aggressivo per cercare di tamponare l’inflazione statunitense, ai livelli più alti degli ultimi 40 anni. Di conseguenza, il rendimento derivante dalla detenzione di dollari è aumentato, spingendo gli operatori di mercato ad accumulare acquisti. Oltre questo, le tensioni a livello geopolitico date dalla guerra Russia-Ucraina, l’increspatura dell’economia cinese generata dal blocco Covid-19 e i timori recessivi derivanti dalle politica monetarie estremamente restrittive delle Banche centrali hanno avvantaggiato il dollaro USA nella veste di bene rifugio.
Negli ultimi mesi la moneta a stelle e strisce ha esaurito la benzina, perdendo gradualmente terreno nei confronti dei peer valutari. Il rallentamento dell’inflazione USA e l’arrivo di una crisi bancaria negli Stati Uniti hanno creato le condizioni ideali affinché la Fed si avvicinasse al picco dei tassi e anzi cominciasse a diminuirli prima della fine del 2023. Tutto ciò sta alla base dell’allontanamento degli investitori dal biglietto verde. Il punto ora è cercare di capire se il dollaro abbia realmente invertito trend rispetto allo scorso anno in maniera definitiva, oppure se rialzerà nuovamente la testa. A giudizio di Stephen Jen, il dollaro USA perderà ancora dal 10% al 15% e l’esperto fa proprio riferimento alla teoria del Dollar Smile. Vediamo quindi di approfondire questa teoria, enunciando le fasi attraverso le quali si manifesta.
Dollar Smile: le 3 fasi della teoria
L’assunto di base di Jen nella tesi del Dollar Smile sta nel fatto che il dollaro tende a rafforzarsi quando l’economia statunitense è molto forte o è molto debole, per ragioni opposte. Nel primo caso in quanto espressione dello stato di salute eccellente del Paese; nel secondo caso in qualità di valuta rifugio. Tuttavia, la divisa americana perde valore quando la crescita degli Stati Uniti è media. “È probabile che l’economia statunitense rimanga nella depressione del Dollar Smile e non si sposti verso la sua ala sinistra. I dati recenti continuano a essere conformi a questo scenario macroeconomico che abbiamo favorito negli ultimi trimestri”, ha affermato Jen all’inizio del mese di aprile.
Nello specifico sono tre le fasi del dollaro USA spiegate nella teoria del Dollar Smile. La prima consiste nell’avversione al rischio. In sostanza, la divisa americana beneficia di una situazione di risk-off nei mercati, dove gli investitori fuggono dalle attività ritenute più rischiose. Il motivo sta essenzialmente nell’economia generale depressa e indipendentemente da quelle che invece sono le condizioni dell’economia americana. In questa prima parte, gli investitori sono maggiormente a caccia dei risparmi e non dei rendimenti.
La seconda fase è quella in cui l’economia entra in recessione. Questo è il passo successivo dalle difficoltà in cui cade l’economia globale e quella americana fa i conti con deboli fondamentali. A questo punto la curva dei rendimenti sul mercato tende ad appiattirsi, se non a invertirsi fortemente. Ciò significa che i tassi a lungo termine superano quelli a breve, contrariamente a quanto avverrebbe nella normalità. Il messaggio che arriva al mercato è che la Fed nel medio-lungo periodo abbasserà il costo del denaro per rilanciare un’economia che flette. Contestualmente il dollaro USA perde rapidamente valore fino a scendere a un nuovo minimo.
Nella terza fase del Dollar Smile l’economia torna a crescere. In tale circostanza vi sono i segnali di ripresa, con i dati macroeconomici che mostrano un quadro più favorevole. Con il sentiment generale che migliora e un’economia che lancia messaggi di forza, gli operatori di mercato percepiscono che i tassi d’interesse verranno alzati; di conseguenza, iniziano a comprare dollari facendo salire le quotazioni della valuta.
La teoria del Dollar Smile sembra sia stata applicata in occasione della grande crisi finanziaria del 2008. Allorché i mercati toccarono il fondo nel marzo del 2009, gli investitori si precipitarono verso le valute ad alto rendimento. Il dollaro USA cominciò a entrare nel portafoglio d’investimento quando fu percepita una valuta vincente proprio sotto il profilo di un premio maggiore per la detenzione.