Tra gli effetti collaterali del terribile lunedì finanziario c’è anche l’impennata delle quotazioni del franco svizzero. In questo momento la valuta elvetica appare l’unico vero e stabile rifugio. Già prima di lunedì il franco era in rafforzamento. Il cambio Eur/Chf lo dimostra con in numeri. Il cross è sceso del 4,75% negli ultimi due mesi e mezzo e sui minimi di lunedì il ribasso era al 7,23%. Si è esaurito, quindi, l’effetto di rafforzamento generato dal secondo taglio dei tassi di interesse operato dalla BNS il 20 giugno scorso. La riduzione ulteriore, la terza per la Banca nazionale svizzera, prevista per settembre, avrà invece effetti limitati visto che avverrà in contemporanea con una mossa di pari entità da parte della BCE.
Gli imprenditori mettono sotto pressione la BNS
Per un’economia esportatrice come quella svizzera avere una valuta domestica troppo forte è un pericolo. Lo sanno bene gli imprenditori che hanno fatto appello alla BNS perché ponga un freno alla rivalutazione del franco. A rischio ci sarebbe una ripresa ancora debole.
Swissmem, l’organizzazione degli imprenditori svizzeri dei settori meccanico, elettrico e metallurgico, ha definito “scioccante” il rafforzamento della moneta. Il comparto, che occupa oltre 330.000 lavoratori, deve affrontare anche la debolezza dei due principali mercati di esportazione, la Germania e la Cina. La situazione potrebbe diventare complicata. “L’industria ha imparato a gestire un franco forte, ma non è in grado di difendersi da rivalutazioni scioccanti”, hanno dichiarato.
L’Associazione imprenditoriale, pur rispettando l’indipendenza della BNS, suggerisce di sfruttare il margine di manovra ora disponibile per prevenire o attenuare anche in futuro situazioni simili.
Uno scenario simile per il franco svizzero si era presentato a febbraio. Allora il cambio Eur/Chf era sceso a 0,9306 e alcune aziende avevano adottato misure drastiche per affrontare la situazione, come il ricorso al lavoro ridotto. Il lavoro ridotto consente alle aziende, in accordo con i lavoratori, di ridurre l’orario di lavoro per un periodo limitato, con l’obiettivo di evitare licenziamenti e mantenere i contratti di lavoro.
I fattori che spingono il rafforzamento del franco svizzero
La Banca Nazionale Svizzera (BNS) ha scelto di anticipare i tempi, intervenendo con decisione sui tassi d’interesse già a marzo e rafforzando la sua posizione con un ulteriore taglio a giugno, che ha portato il tasso di riferimento all’1,25%. Questa mossa, che ha sorpreso parte degli analisti, ha distanziato la BNS dalla Banca centrale europea (BCE), che ha adottato un approccio più cauto, riducendo i tassi di soli 25 punti base nel mese di giugno. Attualmente, i tassi sui depositi nell’eurozona sono al 3,75%, con il tasso di riferimento al 4,25% e il tasso sulle operazioni marginali al 4,5%.
Il prossimo appuntamento per entrambi gli istituti centrali è previsto a settembre, rispettivamente il 12 per la BCE e il 26 per la BNS. Tuttavia, l’attesa sembra non portare a stravolgimenti nella dinamica tra le due banche. Secondo le previsioni di mercato, si profila all’orizzonte un ulteriore taglio dei tassi di interesse da parte di entrambe le Banche centrali. Questo scenario consoliderebbe il vantaggio della Svizzera, con un ipotetico punteggio di 3 a 2 sui tagli effettuati.
Gli analisti di UBS, all’indomani della riunione di giugno della BNS, si sono detti convinti che ci saranno ulteriori riduzioni dei tassi di interesse nei prossimi trimestri. “Ci aspettiamo un’ulteriore riduzione dei tassi di 0,25 punti base nei prossimi trimestri” hanno affermato, indicando che il tasso guida potrebbe stabilizzarsi intorno all’1% nel medio termine, considerato un livello neutrale dalla BNS. Tale previsione sembra coerente con l’andamento dell’inflazione in Svizzera, che è scesa all’1,3% a giugno, ben al di sotto della soglia del 2%.
Per quanto riguarda la BCE, le aspettative di mercato puntano su un ulteriore taglio dei tassi a settembre, con la possibilità che non sia l’ultimo del 2024. Nonostante la cautela con cui Francoforte ha affrontato il tema dell’inflazione, gli analisti prevedono un ulteriore taglio a dicembre e altri interventi possibili nel 2025.
Shaan Raithatha, strategist senior di Vanguard, si spinge a ipotizzare quattro riduzioni di 25 punti base nel 2025: “La BCE manterrà un ritmo trimestrale nella riduzione dei tassi di interesse. Ciò significa che il tasso di deposito dovrebbe scendere al 3,25% entro la fine dell’anno e attestarsi al 2,25% entro la fine del 2025”. Tuttavia, Kevin Thozet, del Comitato investimenti di Carmignac, esprime una visione più cauta, prospettando solo due tagli entro il 2025.
In questo contesto di incertezza e prudenza, la BCE potrebbe comunque ribaltare il rapporto complessivo dei tagli rispetto alla BNS e quindi togliere al franco svizzero un motivo di indebolimento, come conferma Enrico Lanati, cambista di Cambiavalute.ch: “Il franco svizzero ha dalla sua parte diversi elementi di forza. In primo luogo il fatto di essere forse il principale rifugio rimasto. In secondo luogo, il differenziale nei tassi di interesse con l’area euro è destinato a ridursi. Ci potrebbero essere dei recuperi dell’Eur/Chf dettati dalla moderazione di movimenti estremi, come quello visto a inizio settimana, ma nel complesso la bilancia rimane a favore della valuta elvetica”.