Se l’obiettivo di Emmanuel Macron era quello di impedire con le elezioni francesi anticipate la scalata al potere dell’estrema destra, si può dire che la missione sia stata compiuta. Il problema è che il risultato prodotto è l’ingovernabilità della Francia.
Nel secondo turno del voto francese, il Rassemblement National di Marine Le Pen è risultato addirittura il terzo partito con 143 seggi conquistati, mai così tanti. Tra lo stupore generale, è balzato in vetta il Nouveau Front Populaire, coalizione di sinistra guidata da Jean-Luc Mélenchon, con 182 membri in parlamento. La maggioranza che sostiene il governo uscente, Ensemble di Macron, ha ottenuto 168 seggi, un tracollo rispetto ai 250 seggi delle ultime elezioni francesi benché al di sopra delle previsioni. Un Parlamento così diviso non permette a nessuno di avere i numeri sufficienti per realizzare il proprio programma elettorale.
Come di norma, sarà nominato capo del governo il rappresentante dello schieramento che ha ottenuto il maggior numero di consensi, ma i leader di partito dovranno costruire una qualche forma di alleanza per arrivare ad almeno 289 seggi ed evitare la paralisi politica. In alternativa si potrebbe optare per una soluzione di ripiego, con un governo tecnocratico che guidi per un anno la Francia verso nuove elezioni. In queste ore le discussioni si stanno intensificando per trovare le condizioni affinché i moderati di Macron appoggino un governo a trazione sinistra.
L’obiettivo di Ensemble è quello di tagliare fuori la componente più problematica del Nouveau Front Populaire, ovvero l’LFI di Mélenchon che comanda la coalizione con 72 seggi e che ha affermato a chiare lettere di voler portare avanti il suo programma elettorale di forti piani di spesa e tasse sul patrimonio.
In definitiva, ciò che per la destra poteva sembrare inizialmente una sonora sconfitta, rischia di rivelarsi invece una vittoria, per due ragioni. In primis perché il numero dei seggi conquistati non ha precedenti e quindi il partito ha guadagnato più forza in Parlamento rispetto a prima. In secondo luogo in quanto Le Pen continuerà dall’esterno a condizionare la politica francese.
Elezioni francesi: la reazione dei mercati
I mercati hanno reagito nel complesso in maniera abbastanza positiva all’esito delle elezioni francesi. In Europa le Borse sono ben intonate, anche se l’indice CAC 40 rimane leggermente più indietro. L’euro si è mantenuto stabile nei confronti del dollaro, recuperando un lieve svantaggio iniziale. I rendimenti delle obbligazioni francesi stanno però salendo su tutte le scadenze, pur se di poco. Gli OAT a 10 anni hanno un ritorno oggi del 3,22%, registrando un incremento di 25 punti base rispetto all’ultima chiusura di venerdì. Il mercato insomma da un lato ha tirato un sospiro di sollievo per la mancata affermazione dell’estrema destra, dall’altro però non è del tutto tranquillo in merito alla stabilità politica della Francia, il che rischia di riflettersi negativamente sugli asset finanziari nei prossimi mesi.
Il parere degli analisti
Lo stallo politico della Francia non è visto di buon occhio da parte degli analisti di Citigroup, secondo cui ciò implica “valutazioni del mercato azionario inferiori tra il 5% e il 20%“. A giudizio di David Roche, presidente e stratega globale di Independent Strategy, “qualsiasi sollievo nell’evitare una vittoria assoluta del Rassemblement National di estrema destra sarà di breve durata”. Per questo l’esperto consiglia di vendere i titoli di Stato francesi rispetto a quelli tedeschi”. Per quanto riguarda l’euro, Lee Hardman, analista valutario senior di Mitsubishi Ufj Financial Group a Londra, considera che per vedere effetti occorrerà “aspettare e vedere cosa accadrà in termini di tentativi di formare un governo e del tipo di negoziati che si svolgeranno nelle prossime settimane”.
Aneeka Gupta, direttore della ricerca macroeconomica a Londra di WisdomTree, ritiene invece che ci sarà “un nuovo rally dei mercati” grazie al fatto che “non stiamo assistendo a una maggioranza estremista guidata dal Rassemblement National”. Tuttavia, sottolinea come “sarà molto difficile andare avanti e approvare qualsiasi riforma progressista, in quanto il voto di ogni partito è diviso e nessuno ha la maggioranza assoluta”.